Donna Cacciata Dal Lavoro Perché Non Indossa i Tacchi Alti: Ecco Cosa è Successo!
Amiche, avete mai pensato di poter essere licenziate per il tipo di scarpe che indossate? A questa ragazza è successo: ecco cosa ha fatto!
Amiche, avete mai pensato di poter essere licenziate per il tipo di scarpe che indossate? A questa ragazza è successo: ecco cosa ha fatto!
A tutte noi – o almeno alla gran parte di noi – le scarpe fanno impazzire, specie quelle coi tacchi, soprattutto se alti: slanciano la gamba, ci fanno sembrare elegantissime anche con un paio di jeans e, inutile negarlo, sono belle da vedere. Ma è altrettanto innegabile che un tacco 12 o simili non sia sempre portabile. Non è il massimo della comodità e, anche se lavoriamo in un ufficio che non ci richiede grandi spostamenti, a volte preferiamo un “tacco mini” o una scarpa bassa per andare al lavoro. Niente di male, no? E invece sì.
La donna nella foto in alto si chiama Nicola Thorp, ha 27 anni e vive ad Hockney. Proprio in questi giorni – per l’esattezza il 9 maggio – Nicola ha lanciato una petizione per sottolineare – il fatto che ce ne sia bisogno è a suo modo preoccupante – che le donne dovrebbero essere libere di indossare scarpe alte o basse a loro scelta quando vanno al lavoro. Non si è svegliata impazzita di punto in bianco: stando al suo racconto, infatti, un’azienda per cui lavorava temporaneamente l’ha licenziata proprio perché non si è presentata con i tacchi alti. Naturalmente Nicola si è sentita discriminata, oltre che umiliata, e da lì ha dato il via alla sua invettiva. Che sta anche avendo successo: migliaia di persone hanno già firmato a suo favore.
Nicola Thorp si è messa all’opera dopo quanto le è successo alla PricewaterhousCoopers (PwC) di Londra dove era stata ingaggiata per un lavoro temporaneo da receptionist. Nicola non si è fatta troppi problemi e, indossate le sue amate ballerine, è andata in ufficio. Niente da fare: il dress code di PwC impone tacchi tra i 5 e i 10 centimetri. La ragazza è stata persino invitata dai superiori a uscire e andare a comprarsi un paio di scarpe “adatte”, ma Nicola si è rifiutata. A quel punto, senza se e senza ma, la 27enne racconta di essere stata spedita a casa, senza paga e con una bella dose di prese in giro sul groppone per aver avuto l’ardire di chiedere se agli uomini venisse riservato lo stesso trattamento: come si suol dire, oltre al danno la beffa, letteralmente.
Nicola aveva trovato l’impiego attraverso l’agenzia Portico, che a sua volta ha intimato alla donna di vestirsi in modo appropriato e truccarsi. Manco dovesse condurre un programma tv o chissà che altro.
In seguito all’incidente, accaduto in dicembre, Nicola Thorp si è rivolta a un sindacato che l’ha informata che il comportamento dell’azienda, in realtà, non aveva nulla di sbagliato: a quanto pare è perfettamente legale prescrivere a una dipendente, ancorché precaria, quali abiti debba indossare. Una legge che la giovane non ha esitato a definire “anacronistica e sessista”, rendendo così il suo disagio pubblico con un post su Facebook.
[…]Nel 2016 è legale chiedere a una dipendente di indossare tacchi alti anche se non vuole. Non dovremmo dare il via a un cambiamento? Una volta ottenuto un significativo numero di firme la mia petizione sarà presa in considerazione per una discussione in Parlamento. Il che è folle: è una cosa che a me pare ovvia, datata e sessista. Per favore firmate e mettetevi in contatto con me se volete ulteriori informazioni o se volete parlare della questione. Questo è un piccolo passo, ma nella giusta direzione. E una volta che i tacchi saranno usciti di scena, finalmente potremo iniziare a correre…
La petizione – che ha l’intento di cambiare la legge sul dress code – sta attirando consensi e ha già raggiunto quota 15mila firme. Ma non è nemmeno a metà strada: ce ne vogliono 100mila affinché sia discussa in Parlamento.
La PwC, dal canto suo, ha fatto sapere a BuzzFeed che Nicola è stata licenziata in virtù delle politiche dell’agenzia che fornisce personale esterno, ma ha assicurato che nessun dipendente “regolare” viene licenziato per il suo outfit.
Il personale esterno di PwC – ha fatto sapere un portavoce – per esempio quello per la reception, viene selezionato da un’agenzia terza. Noi siamo venuti a conoscenza del problema solo il 10 maggio, cinque mesi dopo l’accaduto. Il dress code di cui si parla negli articoli non fa parte di una politica PwC. Noi stiamo anzi mettendo in discussione la politica del fornitore di personale. Non abbiamo specifiche linee guida sull’abbigliamento delle dipendenti, chiediamo solo al nostro staff di valutare criticamente il fatto di trovarsi in un ambiente di lavoro.
Portico ha invece affermato che le sue linee guida sull’aspetto estetico sono “in linea con le abitudini standard delle aziende”. Il Managing Director Simon Pratt ha specificato:
È pratica comune nel settore dei servizi avere linee guida sull’aspetto estetico e Portico le fa rispettare in molte delle aziende per cui lavora. Queste politiche assicurano ai nostri clienti che le dipendenti che hanno un’interfaccia diretta con le persone siano sempre al loro meglio rappresentando positivamente il brand e la sua immagine. Queste indicazioni includono anche uno stile appropriato di scarpe in base al ruolo ricoperto.
Nicola Thorp ha rincarato la dose con la BBC di Londra dicendo che, se da un lato comprende a pieno come mai le aziende richiedano un outfit formale, dall’altro ritiene che l’imposizione dei tacchi sia inutile ed eccessiva.
Non ho nulla contro l’azienda ma penso che i dress code debbano riflettere la società e oggi le donne possono essere brillanti e formali anche con delle ballerine ai piedi. Si tratta di un problema di sessismo. Penso che non ci dovrebbero essere imposizioni simili per il personale femminile.
Intanto, Portico ha rivisto le sue politiche. Un portavoce ha spiegato ancora a BuzzFeed:
Ora le dipendenti di Portico possono indossare le scarpe che vogliono e la modifica ha effetto immediato. PwC invece – conferma il portavoce – non ha linee guida in merito
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene? Sta di fatto che per arrivare a questo risultato Nicola ha dovuto sollevare un bel polverone. Che ne pensate, amiche? Siete dalla parte di chi vuole un determinato outfit negli ambienti di lavoro o siete d’accordo con la ragazza?
Scrivo perché è l'unico modo che conosco per dire, raccontare e raccontarmi senza dover parlare.
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