Eleanor Roosevelt, la First Lady che lottava per le donne

Scomparsa il 7 novembre 1962, all'età di 78 anni, ha sempre combattuto per la parità, per la partecipazione femminile alla politica e per i diritti delle lavoratrici. Ed è considerata una tra le prime femministe.

Il 7 novembre 1962 ci lasciava Eleanor Roosevelt. Non soltanto una First Lady, né tantomeno solo la moglie di Franklin Delano Roosevelt: una donna che ha sempre lottato per le altre donne, che ha fatto della battaglia per i diritti uno degli obiettivi della sua vita. Si è spesso dibattuto sul fatto di poterla o meno definire femminista, ma quel che è certo è che non ha mai fatto mancare il proprio appoggio e il proprio sostegno in favore del lavoro, del voto e di molti altri aspetti della vita delle donne.

Da sempre attivista per i diritti civili e per la parità, Eleanor Roosevelt si è avvicinata per la prima volta al femminismo negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, quando si è unita all’ International Congress of Working Women (Congresso internazionale per le donne lavoratrici) e alla Women’s International League of Peace and Freedom (Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà), per occuparsi della situazione di povertà che la guerra si era portata dietro. Fin dai primi Anni ’20, quindi, si è impegnata per il pieno riconoscimento e per la partecipazione delle donne alla politica e agli affari, nonché per l’estensione del voto alla popolazione femminile. Per raggiungere i suoi obiettivi, ha lavorato con diversi gruppi di donne, sparsi in tutti gli Stati Uniti.

A partire dal 1933, anno in cui è diventata First Lady, ha portato avanti una strenua lotta per far sì che aumentasse il numero di donne coinvolte nella politica del New Deal promossa dal marito. In più, ha esortato quest’ultimo dare più incarichi importanti alle donne, a livello politico e dirigenziale. Un aspetto che, per Eleanor, ha sempre avuto un’importanza fondamentale è quello del lavoro: ha infatti combattuto anche per i diritti delle lavoratrici, per contrastare l’occupazione minorile e per promuovere quella femminile, soprattutto durante la Seconda guerra mondiale. Un periodo in cui le donne hanno trovato impiego nelle industrie, sono diventate volontarie o sono entrate nell’esercito, senza però poter dare un aiuto concreto ai soldati.

Dopo aver lasciato la Casa Bianca, nel 1945, il suo impegno non si è fermato. Innanzitutto, ha fatto pressioni anche sui Presidenti successivi, Truman e Kennedy, per fare in modo che nominassero più donne nelle loro amministrazioni e che continuassero ad occuparsi del problema della parità di diritti. Ha sostenuto poi le sue battaglie in prima persona alle Nazioni Unite, per poi diventare presidente della Commissione presidenziale sulla condizione delle donne, il primo organo del governo americano dedicato esclusivamente alla causa femminista, voluto da John Fitzgerald Kennedy.

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