L’anoressia non è un capriccio: perché bisogna parlare della morte di Emanuela Perinetti, 34 anni

La morte di Emanuela Perinetti, trentaquattrenne apprezzata manager sportiva, per anoressia spinge a una riflessione su quanto sia difficile, più di quanto si pensi, spiegare perché le persone (e non solo le ragazzine) si ammalano di disturbi alimentari.

Emanuela Perinetti è morta a soli 34 anni, e chi la conosceva, nel mondo dello sport di cui a lungo ha fatto parte, come manager, organizzatrice di eventi e influencer, è rimasto scioccato dalla notizia della sua scomparsa prematura.

Riccardo Luna, giornalista ex direttore di Wired Italia che con Perinetti aveva stretto un sodalizio professionale importante, ne ha scritto su Repubblica, in maniera toccante ed emotiva.

[…] Lei aveva uno strano modo di mandare messaggi: erano solo vocali ed erano ‘a rate’, ogni dieci secondi chiudeva e ne aggiungeva un altro e poi un altro. Era snervante. Ricordo che a settembre glielo dissi e lei mi raccontò per la prima e ultima volta della sua malattia e di come l’entusiasmo in tutto quello che faceva la aiutasse a tenerla a bada. Ricordo che fu attenta a ribadirmi che non mi voleva spaventare, non mi voleva commuovere: me lo diceva solo per affetto, perché tanto ce l’avrebbe fatta. Ero shoccato, ma pensai anch’io che ce l’avrebbe fatta.

Qualche sera fa speravo di rivederla. Allo stadio Olimpico giocava l’Italia e lei non si perdeva mai un match importante. Le scrissi: dove sei? E lei: ‘Con un cliente, per una volta gli ho dato la precedenza’. Era strano. Ora che è arrivata la notizia della sua morte improvvisa, penso che quel cliente fosse la morte e che lei semplicemente non me lo avesse voluto dire per non spaventarmi e non commuovermi e perché avevamo ancora un sacco di cose da fare.

La “malattia” citata da Luna è l’anoressia, di cui da tempo Perinetti soffriva, come spiegato dal padre Giorgio, fra i più importanti direttori sportivi italiani, alla Gazzetta dello Sport.

Non riusciamo a capire, i medici hanno fatto il possibile. Da tempo stava lottando contro l’anoressia. Lei si preoccupava per me, e mi diceva che tutto andava bene.

Il ricovero in ospedale, a Milano, la notizia di un miglioramento che l’aveva spinto a tornare ad Avellino, dove attualmente è impegnato come direttore sportivo, fino alla notizia e al ritorno in tutta fretta nel capoluogo lombardo, purtroppo troppo tardi, quando ormai Emanuela Perinetti era morta.

Un altro lutto, per Perinetti e l’altra figlia, Chiara, dopo la scomparsa della moglie, nel 2015, a causa di un tumore al seno.

“L’altro giorno, quando mi ha detto che aveva ‘parlato’ con lei – ha raccontato ancora Giorgio Perinetti – ho capito che non c’era più nulla da fare. E da allora mi chiedo come sia possibile spegnersi così, senza nessun problema economico, professionale o sentimentale”.

Spesso si ritiene che l’anoressia sia un disturbo alimentare che affligge solo la popolazione più giovane, quella nella fascia dei pre-adolescenti o degli adolescenti, per intenderci; per quanto questa convinzione sia basata su dati oggettivi, come quelli riportati dalla SISDCA (Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare), secondo cui 10 adolescenti su 100 soffrono di disturbi del comportamento alimentare, con picchi nella fascia compresa tra i 15 e i 19 anni, l’anoressia non è da considerarsi alla stregua di un “capriccio” o di una “fase”, un atteggiamento sciocco tipico delle ragazzine la cui personalità è ancora in fase di costruzione, ma è una patologia estremamente seria, che coinvolge anche molte donne e uomini in età adulta (rispettivamente 8-9 su 100.000 e 0,02-1,4 ogni 100.000) e che, come nel caso di Perinetti, può avere conseguenze tragiche.

Falso è anche il pregiudizio che vorrebbe l’anoressia come conseguenza di problemi sentimentali, professionali, economici: indagare le cause dei disturbi alimentari è molto più complesso di quanto, molto superficialmente, spesso accade, e non sempre queste sono riconducibili a malesseri dichiarati o facilmente individuabili, esattamente come avviene per le forme di depressione, spesso tutt’altro che evidenti.

Il racconto del disturbo alimentare è stato, e si può dire per fortuna, sdoganato da molti personaggi famosi, proprio al fine di decostruirne l’immagine che lo vorrebbe riservato ai giovanissimi e razionalmente spiegabile; lo ha fatto, ad esempio, Ambra Angiolini nel suo libro InFame, del 2020, in cui ha raccontato il passato da bulimica indagando a fondo sulle cause che l’hanno condotta alla malattia.

Un po’ si resta bulimici tutta la vita – si legge nel libro – La bulimia vuol dire anche amare tantissimo, desiderare tanto di essere amata. Quando sono rimasta incinta di mia figlia Jolanda la fame d’amore si è finalmente placata.

E ancora:

Jolanda ha riempito un vuoto. Quando me lo sono trovata dentro la pancia ho sentito che quel pezzo d’amore che cercavo ovunque in realtà era dentro di me. Questa però è solo la mia storia: non è che fare figli salvi dai disturbi alimentari.

Al racconto dei propri disturbi alimentari ha dedicato un libro anche la vicedirettrice del Corriere della Sera, Fiorenza Sarzanini, che in Affamati d’amore descrive una situazione che è ben lontana da quella che l’immaginario collettivo ha creato rispetto alla condizione degli anoressici:

Affamati d'amore

Affamati d'amore

Fiorenza Sarzanini, firma di punta del giornalismo italiano, racconta in queste pagine l’anoressia che ha vissuto, come si è curata, come è riuscita a uscirne. E perché ha deciso di impegnarsi in prima persona perché questo male così insidioso sia trattato come una vera emergenza. Cosa succede a tante ragazze e tanti ragazzi di oggi? Perché durante la pandemia migliaia di bambini e adolescenti hanno sviluppato disturbi alimentari, e gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio sono aumentati? Quanto contano la disinformazione in rete e il confronto sui social? I malati in Italia sono oltre tre milioni, perlopiù giovani e giovanissimi. L’autrice ha ascoltato le loro confessioni e ne racconta i pensieri e le storie, i demoni e la fame d’amore, le cadute vertiginose e la fatica di rinascere
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La mia vita era piena di soddisfazioni, di amici, di affetto. Avevo realizzato il sogno coltivato fin da bambina: diventare giornalista […] Alla fine non ho più cercato una spiegazione, il motivo scatenante che mi ha portato all’anoressia. Sicuramente c’era qualcosa che non andava in quella vita apparentemente perfetta. Forse aver raggiunto a soli 23 anni l’obiettivo che mi ero prefissata — diventare giornalista e soddisfare mio padre — è stato quasi troppo.

Sarzanini ha poi analizzato quanto sia stato difficile comprendere le cause che l’hanno portata ad ammalarsi, confermando quindi quanto sia troppo semplicistico collegare le ragioni dei disturbi alimentari a delusioni affettive, economiche o a fasi di transizione della propria vita.

Non sono riuscita allora a capire la causa e non ci riesco adesso. E forse non è neanche importante capirlo. Se ti concentri solo su questo rimani avvitato nel problema. Credo che l’importante non sia individuare la causa, ma cercare il rimedio. Rovesciare il problema.

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