L’ha aspettata a bordo della sua Smart all’uscita del centro in cui lavorava come fisioterapista, poi ha esploso alcuni colpi da un fucile a canne mozze che l’hanno raggiunta e uccisa. Così è morta ieri a Roma, in zona Portuense, Manuela Petrangeli, ventesima vittima di femminicidio da inizio anno. Il killer è l’ex compagno Gianluca Molinaro, che dopo il delitto si è costituito nella caserma di Casalotti.

La donna si trovava nel parcheggio del centro Villa Sandra di Casetta Mattei, in via degli Orseolo 36, con un’amica, subito dopo aver finito il proprio turno; la telefonata al figlio di 9 anni, avuto proprio dall’uomo che l’ha uccisa, “Amore sto arrivando da te”, prima di avviarsi verso l’auto per tornare a casa, nel quartiere Torresina. Lì l’aspettava Molinaro, che le ha sparato a bruciapelo; prima la ferita al braccio, con lei che ha provato a proteggersi riparandosi dietro un’auto parcheggiata, poi il colpo al petto, fatale. A ricostruire quei drammatici momenti sono state due colleghe della struttura dove Petrangeli era impiegata come fisioterapista, mentre Molinaro è un Oss del centro di riabilitazione Don Guanella.

“Una donna davvero per bene, un’amica e una professionista- sono le parole di una delle colleghe – Mai avremmo immaginato una cosa del genere perché mai ci aveva raccontato di liti o situazioni difficili. Erano separati da circa tre anni, ma nessuna crisi. È solo l’ennesimo, terribile, femminicidio”.

Il movente del femminicidio verrà ovviamente chiarito nell’interrogatorio del reo confesso, nelle prossime ore; quello che emerge, come spesso accade, è un quadro privo di avvisaglie, una coppia separata da tre anni ma all’apparenza senza particolari attriti. Manuela Petrangeli non aveva mai sporto denuncia verso l’ex. Eppure, secondo quanto emerso da alcune fonti sembrerebbe che Molinaro avesse già manifestato atti persecutori nei confronti di una ex  compagna; proprio lei, che è madre di un’altra figlia dell’uomo, avrebbe raccontato ai media non solo dei precedenti violenti di lui, ma anche di quanto accaduto subito dopo la morte di Manuela Petrangeli:

Biascicava, mi ha detto ‘Le ho sparato’ L’ho convinto io a venire dai carabinieri, lui voleva ammazzarsi. Ma io sapevo che non lo avrebbe mai fatto. A quel punto ho fatto quello che avrebbero fatto tutti: gli ho detto di andare dai carabinieri, che tutto si sarebbe risolto, che tanto lo avrebbero preso e che sarei andata a trovarlo con nostra figlia, anche se non lo pensavo. Non so nemmeno come ho fatto a convincerlo, ma ci sono riuscita. L’ho tenuto al telefono per tutto il tempo, fino a quando non è arrivato dai carabinieri e mi ha chiesto ‘Che ci faccio col fucile?’. Voleva portarselo dietro. Gli ho detto di lasciarlo in macchina e ho attaccato solo quando mi ha passato un carabiniere e ho capito che ce l’avevo fatta. Mi tremavano le gambe – ha aggiunto la donna – Potevo esserci io lì, ho pensato. Forse la famiglia di lei aveva sottovalutato il suo passato.

L’ex compagna spiega: “Avevamo pessimi rapporti, lo denunciai per maltrattamenti quando nostra figlia andava alle elementari, mi picchiava e lo feci arrestare. Poi però, dopo un paio di mesi in carcere, aveva fatto dei percorsi”.

“Roma si stringe al dolore della sua famiglia e abbraccia con amore suo figlio – sono le parole del sindaco, Roberto Gualtieri, rivolte soprattutto al bambino, rimasto orfano di madre –  Quello di oggi è lìennesimo intollerabile femminicidio che avviene nel nostro Paese, al quale le istituzioni devono reagire in maniera compatta, a partire dall’educazione al rispetto, al dialogo e alla parità di genere. Gli episodi di violenza nei confronti delle donne e i femminicidi non sono solo gesti isolati compiuti da folli, ma anche atti barbari figli di un fenomeno culturale da combattere senza quartiere con educazione e cultura per far accettare l’indipendenza e la libertà delle donne”.

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