Filippo Turetta è stato condannato all'ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin

È arrivata la sentenza della Corte d’Assise di Venezia per uno dei casi più seguiti e drammatici degli ultimi anni in Italia: il femminicidio di Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa brutalmente l’11 novembre 2023 da Filippo Turetta.

La Corte d’Assise di Venezia ha emanato la sentenza e condannato all’ergastolo Filippo Turetta per l’omicidio, il sequestro e l’occultamento di cadavere di Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023 a Fossò.

L’imputato, anch’egli 22enne, ha confessato il delitto ed è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà ed efferatezza, oltre che di sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. La pubblica accusa, il 25 novembre scorso, aveva richiesto per lui la condanna all’ergastolo.

Il processo breve, iniziato il 23 settembre, ha ricostruito una vicenda che ha sconvolto l’opinione pubblica. Durante le ultime udienze del 25 e 26 novembre, il pubblico ministero ha insistito sulla premeditazione e sulla crudeltà del crimine, evidenziando una lista redatta da Turetta quattro giorni prima dell’omicidio con gli oggetti necessari per compiere il delitto. L’accusa ha sottolineato come l’azione fosse il risultato di un piano studiato, che Turetta avrebbe potuto abbandonare in qualsiasi momento.

Di contro, la difesa ha cercato di ridimensionare le aggravanti, definendo l’omicidio un “cortocircuito” emotivo e attribuendo la lista degli oggetti a un’indecisione più che a una pianificazione consapevole. L’avvocato ha anche sostenuto che Cecchettin non temesse Turetta, poiché quella sera aveva accettato di incontrarlo.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin è diventato un simbolo della lotta contro la violenza di genere. Durante il processo, i familiari della ragazza hanno chiesto un risarcimento di un milione di euro come parte civile. Nonostante le richieste della difesa, Turetta non ha mai avanzato dubbi sulla propria salute mentale ed è stato ritenuto idoneo a essere processato. La vicenda ha sollevato anche questioni etiche e deontologiche: frammenti dell’interrogatorio di Turetta e intercettazioni riservate sono stati resi pubblici, scatenando un acceso dibattito sull’uso improprio di materiali processuali da parte dei media.

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