“Definire la morte di mia sorella Aimee 'suicidio' è ingiusto”. La battaglia di Adele Zeynep Walton

Dopo la morte della sorella Aimee, l’attivista e giornalista Adele Zeynep Walton ha scoperto un mondo sommerso di incitamenti al suicidio, raduni digitali e adescamento. Oggi chiede che anche gli adulti siano tutelati dai danni psichici e sociali del web.

Aimee Walton aveva 21 anni. Amava l’arte, la musica e Pharrell Williams, che l’aveva invitata a ballare sul palco per ben cinque volte. Ma dietro le immagini delle sue opere e della sua stanza colorata si nascondeva una sofferenza mentale crescente, un allontanamento progressivo dalla famiglia, e un pericoloso avvicinamento a comunità online che inneggiano alla morte.

Quando Aimee è stata trovata senza vita in una stanza d’hotel a Slough, nel 2022, la polizia ha ritenuto si trattasse di suicidio. Ma sua sorella Adele Zeynep Walton, giornalista, ha ricostruito una storia molto più complessa: Aimee frequentava un forum pro-suicidio, collegato ad almeno 50 decessi nel Regno Unito e oggi sotto inchiesta da parte dell’ente regolatore britannico Ofcom, grazie all’entrata in vigore dell’Online Safety Act.

Un ecosistema digitale che adescava, consigliava e pianificava

Secondo la ricostruzione di Adele, Aimee è stata indotta a procurarsi una sostanza letale grazie ai consigli trovati su questo forum, e accompagnata fino alla morte da un uomo conosciuto online. Un uomo arrivato dagli Stati Uniti, rimasto con lei per undici giorni in quell’albergo. Dopo che Aimee ha assunto la sostanza, lui ha chiamato i soccorsi, ma si è rifiutato di eseguire il massaggio cardiaco. Inizialmente accusato di istigazione al suicidio, non è stato poi perseguito penalmente.

Il veleno è stato ottenuto da un altro personaggio già noto alla cronaca, Kenneth Law, canadese, attualmente sotto inchiesta da parte della National Crime Agency per il sospetto coinvolgimento in 88 morti nel Regno Unito.

“Non è suicidio: è grooming digitale”

“Definire quella morte come suicidio è ingiusto”, afferma Adele sulle pagine del The Guardian.

“La responsabilità viene tutta scaricata su Aimee, mentre il sistema digitale che l’ha spinta a farlo resta impunito”. È così che ha scoperto il concetto di “online harm”, grazie anche al contatto con Ian Russell, padre di Molly, 14enne britannica morta dopo aver visualizzato contenuti autolesionistici. In quel caso, per la prima volta, un coroner stabilì che internet fu un fattore concausale alla morte della ragazza.

Adele non ha più dubbi: sua sorella è stata “adescata”, come succede nei fenomeni di radicalizzazione. “Quelle community non solo normalizzano l’idea di togliersi la vita, ma la incoraggiano, la celebrano, la pianificano. È un addestramento al gesto finale.”

Dall’elaborazione del lutto all’attivismo

Il dolore si è trasformato in una missione. Adele oggi è attivista per la sicurezza digitale degli adulti, lavora con l’associazione Bereaved Families for Online Safety ed è ambasciatrice di People vs Big Tech, rete che si batte contro il potere delle grandi piattaforme digitali.

Il suo libro, Logging Off: The Human Cost of Our Digital World, è un memoir e insieme un manifesto politico. Racconta Aimee, ma anche Archie Battersbee, morto dopo una sfida su TikTok; Meareg Amare Abrha, professore etiope ucciso dopo post d’odio su Facebook; gli operai di Amazon che cercano di sindacalizzarsi, e il suo vicino novantenne escluso dal mondo digitale. Perché il danno online ha mille volti.

“Non siamo al sicuro, nemmeno da adulti”

Adele denuncia il fatto che la sicurezza online venga affrontata solo in relazione ai minorenni. “È un errore. Possiamo diventare vulnerabili a qualsiasi età. Se pensiamo che tutto finisca con il compimento dei 18 anni, lasceremo intere generazioni senza strumenti per navigare il mondo digitale in sicurezza”.

Come osserva anche il New York Times, molti di questi forum si collegano all’universo incel (celibi involontari), dove misoginia e desiderio di annientamento convergono in fantasie pericolose. E dove spesso sono le ragazze giovani a farne le spese.

“Se solo potessero sentire questo dolore”

La speranza di Adele è che le istituzioni si muovano prima che sia troppo tardi. “Chi ha il potere cambierà le cose solo quando conoscerà questo dolore”, dice. “Se Mark Zuckerberg perdesse un figlio per colpa dei danni online, allora forse si sveglierebbe”.

Intanto, continua a raccontare la storia di Aimee, con la voce rotta ma lucida. Perché, come scrive nel suo libro, “fare attivismo permette di riprendersi un po’ del controllo che ci è stato tolto”.

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