Per le foto con resti umani dell'incidente di Kobe Bryant rimborso record per la famiglia

Il cestista, amatissimo anche in Italia, è stato vittima di un incidente il 26 gennaio 2020 mentre viaggiava su un elicottero privato, a perdere la vita anche sua figlia Gianna e tutti i membri dell'equipaggio.

La contea di Los Angeles ha accettato di pagare a Vanessa Bryant e a tre delle sue figlie un rimborso da record, pari a quasi 30 milioni di dollari. L’indennizzo, secondo quanto riporta il New York Times, è legato alle foto con resti umani che erano state diffuse relative all’incidente in cui ha perso la vita Kobe Bryant insieme a una delle sue figlie e ad altre sette persone che si trovavano a bordo di un elicottero.

La cifra comprende altri 15 milioni di dollari, che si è stabilito dovessero essere assegnati a Vanessa per saldare potenziali richieste da parte delle sue figlie. Pur non potendo riportare in vita il cestista e una delle sue figlie, Gianna, la donna ha sempre combattuto per avere giustizia, ritenendo quanto accaduto una totale mancanza di rispetto nei loro confronti.

La giornata di oggi segna il culmine della coraggiosa battaglia della signora Vanessa Bryant per chiedere conto della loro responsabilità a coloro che sono coinvolti in questa condotta grottesca – sono le parole dell’avvocato che l’ha assistita nella causa, Luis Li, arrivate subito dopo la sentenza emessa il 28 febbraio 2023 -. Ha combattuto per suo marito, sua figlia e tutti coloro nella comunità la cui famiglia deceduta è stata trattata con simile mancanza di rispetto. Speriamo che la sua vittoria al processo e questo accordo pongano fine a questa pratica”.

Era stata proprio Vanessa, poco dopo l’incidente in cui aveva perso la vita Kobe Bryant, amatissimo anche dagli sportivi italiani, a scoprire che alcuni poliziotti e pompieri della contea di Los Angeles erano arrivati a scambiarsi immagini in cui si vedeva lo sportivo ormai morto. Lei non aveva avuto esitazione e aveva deciso di indire una causa per negligenza e violazione della privacy. 

Il suo intento era non solo quello di tutelare la memoria dell’uomo e quella della sua bambina, Gianna, ma anche di evitare che altri potessero entrarne in possesso, consapevole che questo avrebbe potuto accadere anche alle sue ragazze: “Se non potete restituirmi mio marito e la mia piccola, almeno fate in modo che nessuno faccia fotografie a ciò che rimane di loro. Mettete in sicurezza l’area dell’incidente – erano state le sue parole agli agenti, riportate dal New York Times -. Continuo a vivere con la paura che un giorno le mie figlie, mentre sono un social media, vedano all’improvviso quelle immagini”.

 

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