Il 13.09.2016 mia figlia Tiziana Cantone mise fine alla propria vita, dopo aver subito per un anno e mezzo ogni tipo di angherie, vessazioni, derisioni da gente senza scrupoli che ha usato la sua immagine, il suo nome e la sua vita, solo perché dei video privati erano diventati pubblici e in seguito virali, senza il suo consenso. Ad oggi non ho ancora ottenuto alcun tipo di risarcimento, e soprattutto non ho ottenuto giustizia. Tiziana sperava che quel gesto disperato ponesse fine al clamore e all’attenzione morbosa che fino a quel momento l’avevano interessata; purtroppo, così non è stato perché ancora c’è chi si permette di esprimere pubblicamente giudizi offensivi nei suoi confronti e continua a speculare sulla sua tragedia.

Nonostante la gravità degli atti compiuti dapprima nei confronti di Tiziana, poi della sua memoria, e infine anche nei miei confronti (seguo un percorso di cure iniziato già da quando i video sono diventati virali) ad oggi non c’è nessun colpevole.

Ma non ho intenzione di rinunciare alla battaglia per la Giustizia nel nome di Tiziana. Il caso è molto complesso e per portare avanti la mia battaglia, ho bisogno di sollecitare l’intervento di diverse figure professionali. Per farvi un esempio dovrei pagare un perito esperto che finalmente ci possa far risalire a colui che per primo caricò materialmente il video sul web. Ancora non abbiamo avuto modo di avere queste perizie e tante altre che potrebbero far luce su un caso così desolante di cyberbullismo e gogna pubblica. La Giustizia per Tiziana serve a tutte le donne e in generale a tutta la società, per poter vivere in una società migliore.

La raccolta fondi è quindi finalizzata a coprire le spese per i legali nominati e per i compensi per i vari consulenti tecnici che non si è potuto ancora nominare a causa della mancanza di disponibilità economica (sono una donna sola e in prepensionamento).

Spero che mi aiuterete, l’8 marzo si avvicina e questo sì che è un atto concreto in memoria di Tiziana, una donna uccisa dalla mancanza di Giustizia. Il nome di Tiziana Cantone deve essere legato a una battaglia per la giustizia, e smettere di essere sinonimo di sopruso. Non chiedo di aiutarmi per un motivo egoistico, nessuno mi restituirà Tiziana. Vi chiedo di aiutarmi perché questa battaglia serve a tutte e tutti.

Chi scrive è Maria Teresa Giglio, la mamma di Tiziana Cantone, la trentunenne napoletana che si è tolta la vita in seguito a un video hard fatto circolare in Rete a sua insaputa; molto si è discusso e detto del caso della ragazza, e la cosa che più di tutte della sua storia ha lasciato sconcertati è la prouderie perbenista che, nel dramma di una madre che ha perso una figlia morta suicida, di una ragazza che preferisce togliersi la vita piuttosto che sopportare l’ombra del pettegolezzo e del giudizio su di sé, si è scagliata contro Tiziana. Che aveva “accettato di farsi riprendere in atteggiamenti intimi”, che “certe conseguenze poteva pure aspettarsele, facendo certe cose”, che “non doveva aspettarsi niente di diverso”.

I sorrisini, le risatine di scherno, le frasi a mezza voce mormorate nelle orecchie al suo passaggio: tutto era diventato “troppo” per lei. Così, Tiziana si è impiccata nella cantina di casa a Mugnano il 13 settembre 2016.

Nel marzo 2017, come si legge da un articolo del Corriere, il pm Alessandro Milita ha chiesto per l’ex fidanzato di Tiziana, Sergio Di Palo, il giudizio immediato, “saltando” quindi l’udienza preliminare per l’evidenza della prova, e contestandogli diversi reati, fra cui il falso e la simulazione di reato in relazione alla falsa denuncia di smarrimento del telefonino fatta da Tiziana nell’aprile del 2015; la calunnia in merito alla denuncia sporta un mese più tardi nei confronti di cinque giovani, poi rivelatisi estranei alla vicenda, accusati di avere diffuso i filmati; infine, l’accesso abusivo a dati informatici per aver chiesto a un perito, senza il consenso di Tiziana, di accedere al suo cloud e di togliere alcune chat, dalle quali si evinceva che i cinque amici, poi denunciati, non erano responsabili della divulgazione dei filmati. Peccato che, nel luglio dello stesso anno, il gip del tribunale di Napoli abbia respinto la richiesta di rito immediato per l’ex di Tiziana, Sergio Di Palo, arrivando quindi ad archiviare e a ritenere concluse le indagini nei suoi confronti.

Tiziana Cantone, la mamma lancia una raccolta fondi perché la figlia abbia giustizia
facebook @maria teresa giglio
Foto 1 di 9
Ingrandisci

Chi continua a lottare, nella speranza di avere giustizia per Tiziana, è la mamma, Maria Teresa Giglio, che, ospite della trasmissione “La vita in diretta”, nel gennaio del 2018, ha dichiarato non solo di aver sempre nutrito dubbi su Sergio, ma anche che le autorità hanno dimostrato un certo lassismo nei confronti della figlia.

Ciò che mi fa pensare è che spesso si dice che bisogna denunciare, non bisogna avere paura, ma mia figlia aveva presentato tre denunce – ha spiegato la signora Giglio nel corso dell’intervista – La Polizia Postale e gli inquirenti sono stati disponibili, ma l’attività investigativa è stata carente, anche perché i loro mezzi sono limitati: spesso questi siti [i siti per scambisti a cui era iscritto Di Palo, ndr.] sono registrati all’estero, bisogna fare delle rogatorie, e i tempi si allungano.

Maria Teresa ha quindi continuato.

Quello che è capitato a mia figlia non è cyberbullismo, ma un crimine. Questo della pornografia non consensuale è una violenza, una nuova forma di femminicidio: quella frase, ‘stai facendo un video? bravo’, è finita ovunque su Internet, anche in alcune fiction, in televisione si sentiva di continuo, una cosa vergognosa, aberrante.

Oggi, la mamma di Tiziana ha lanciato una campagna sul sito di raccolta fondi Go Fund me, per coprire le spese legali necessarie a nominare i consulenti tecnici che, si spera, possano fare maggiore chiarezza sulle responsabilità, riuscendo a inchiodare chi (o più d’uno, se ce ne sono) si è reso colpevole della diffusione del video che è costato la vita alla ragazza.

Maria Teresa ha condiviso un post sulla propria pagina Facebook, per mettere gli amici a conoscenza del link su cui poter effettuare la donazione. Creata il 1° marzo, con la raccolta fondi la mamma della ragazza spera di riuscire a restituire un po’ di pace a se stessa, ma soprattutto a sua figlia.