"Tiziana seviziava gattini, picchiava bambini, costruiva case antisismiche poi crollate? NO!"

Tiziana Cantone è morta suicida a 31 anni, insultata e derisa a morte da migliaia e migliaia di persone a seguito della divulgazione di un video hard che la vede protagonista, girato con il suo consenso, ma diffuso da un uomo ignorante e condiviso da persone ignoranti suo malgrado. È tempo di capire che, sul Web più che mai, la libertà di parola è un diritto, solo se ci si fa carico anche dalle responsabilità derivanti dalla scelta di esercitarlo.

Queste parole non sono mie.
Le prime sono di Matilde M., una giovane donna che ci ha autorizzato a diffonderle, pregandoci di non mettere il suo nome per esteso per non finire sotto “un riflettore indesiderato”.
Le ha scritte in un suo post, arrivato sulla bacheca di una di noi per caso, grazie a quella forza dirompente dei social di dare la ribalta alle parole di chiunque, a prescindere dal loro valore e dalla responsabilità di chi ne scrive. A dimostrazione che, in alcuni casi fortunati, a differenza della cronaca recente, la Rete ha anche il potere di portarci qualcosa che valga la pena leggere.

Le seconde sono di una giornalista nota, Barbara Sgarzi, che ha scritto il post Del perché non ero contenta di aspettare una figlia. Femmina.

Perché riportare parole di altre donne e non scriverne di mie?
Perché una meravigliosa donna, che ho avuto l’immenso onore di conoscere e che se ne è andata troppo presto pochi giorni fa, una volta scrisse:

Tieni botta, non cercare le parole, arriveranno da sole. Servono parole necessarie. Quelle che arrivano, tu non devi che prenderle. Le altre parole son già state dette e non le ascolta più nessuno.

Non lo scrisse a me, ma a un amico, a un attore che, esattamente come chi scrive, con le parole e per le parole vive e, prima o poi e oggi più che mai, finisce per mettere in discussione il fatto che abbia davvero senso scriverne ancora, dirne di nuove.

Per questo ho scelto di non scrivere altre parole su Tiziana Cantone ma di condividere queste. Perché “servono parole necessarie”, perché è tempo di chiarire molto bene che se esiste il diritto alla parola di tutti esiste anche il dovere (e la responsabilità) di chi sceglie di esercitare questo diritto, perché Tiziana è stata insultata a morte.

Queste che seguono mi sembravano parole necessarie. Aggiungerne no, non avrebbe senso.

Le parole di Matilde M.

C’era una volta Tiziana.
Tiziana era una gran bella gnocca.
Amava fare sesso e ci metteva passione.
Forse era esibizionista, forse aveva qualche problema, cosa posso saperne io?
Non la conoscevo.
La vidi in un video la scorsa estate, impegnata in un rapporto orale.
Siccome penso che fra adulti consenzienti si possa fare quello che si vuole, la cosa mi lasciò completamente indifferente.
Una donna che si fa riprendere volontariamente durante un atto sessuale -attenzione, non tutti potrebbero capire il seguente concetto- NON è una troia.
“Troia” è un aggettivo dispregiativo, attribuito alle donne che vendono il proprio corpo.
Tiziana era una ragazza come me, una coetanea che non aveva fatto nulla di male.
Ha succhiato un cazzo.
Wow.
Sai che roba.
Si è fatta riprendere mentre lo faceva.
Doppio wow.
Sto già sbadigliando, dov’è il problema?
Dov’è il male?
Tiziana seviziava gattini? No.
Tiziana picchiava neonati? No.
Tiziana costruiva case garantite antisismiche che poi sono crollate alla prima scossa? No.
Tiziana si è impiccata.
Questa bellissima ragazza ha preferito SMETTERE DI VIVERE piuttosto che dover leggere un altro insulto verso la propria persona.
Perché una donna non può avere una sessualità libera e indipendente.
No.
Siamo puttane oppure sante, siamo solo carne da masturbazione per l’immaginario maschile.
Se non facciamo sesso, siamo fighe di legno.
Se ne facciamo troppo, con persone diverse, se ci piace quello che stiamo facendo.. Beh, allora siamo decisamente troie.
Mi dispiace Tiziana, mi dispiace per tutta la merda e la frustrazione che ti è stata riversata addosso.
Che l’unica via d’uscita sia stata attraverso un nodo scorsoio.
Io sono Tiziana.
E ogni giorno, di fronte a questi muri di ipocrisia, muore una parte di me.

Le parole di Barbara Sgarzi

Vale la pena leggere il post intero:

Chissà se mia figlia sarà mai libera di vivere la sua vita come meglio crede. Di fare sesso con centinaia di uomini o di donne o con nessuno. Di fare dieci figli e allattarli fino ai tre anni o sciogliere misurini di polvere nell’acqua senza che qualcuno le dica “Eh, ma sbagli”. O di non averne proprio e vivere con dieci gatti. Di aspirare al lavoro che vuole o, se può e vuole, di stare a casa a crescere i figli (o i gatti) e ammirarsi l’ombelico.

Concludo con un altro passaggio che nel post originale viene, per onor del vero, prima:

E a proposito di Tiziana, la vergogna nella vergogna è continuare a ripetere che è stata uccisa “dal web”. “Da Facebook”. È stata uccisa dalla cattiveria delle persone che, per prime, hanno condiviso quei video. E dalla stupidità, dalla mancanza di empatia, dalla superficialità con la quale centinaia di altre, su quella intimità violata, hanno costruito meme, battute, fotomontaggi. O hanno ipotizzato una sapiente operazione di marketing per lanciare una nuova pornostar (perché a noi non la si fa: noi complottisti la sappiamo lunga).

“Tiziana seviziava gattini, picchiava bambini, costruiva case antisismiche poi crollate? NO!”

Ma, aggiungo, si potrebbe citare anche l’infelice finale del video #Fuoric’èilsole di Lorenzo Fragola, che fa il verso a una frase detta da Tiziana nel video, diventato il refrain idiota per i sempre coraggiosi leoni da tastiera codardi e frustrati nella vita reale.

Dire che il web uccide è come dire che uno stupro lo ha fatto il branco. Che una strada è assassina. Che una montagna è killer. Che noi non c’entriamo. È un processo di deresponsabilizzazione pericolosissimo; attribuisce colpe generiche, vuote, senza volti e senza nomi. Colpe che invece hanno dei responsabili e un’origine, un principio primo: il sessismo, gli stereotipi, le differenze di pensiero, di trattamento, di modalità con le quali si educano i figli e le figlie e che persistono, oggi, forti come sempre.

* Tiziana stava cercando di esercitare il diritto all’oblio. Da qui la nostra scelta di non utilizzare in questo post la sua immagine, per quanto nota ormai a chiunque.

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