A inizio dicembre 2022 la Commissione Europea ha sottolineato la necessità di riconoscere i genitori gay come un’unica famiglia, in modo tale da uniformare negli Stati membri le norme sulla genitorialità. In Italia, però. la strada affinché questo avvenga sembra essere ancora lunga. Per le famiglie LGBT+, infatti, resta ancora sulla carta di identità la dicitura “padre” e “madre“, nonostante la recente sentenza emessa dal Tribunale di Roma, che aveva invitato a passare ai termini “genitore 1” e “genitore 2″. 

Su questo aspetto il Ministro per la Famiglia e delle Pari Opportunità nel Governo Meloni Eugenia Roccella è stata abbastanza chiara: la decisione dei giudici vale solo per quel caso specifico e non a livello generale.

“Si è fatto tanto rumore per quella decisione – dice Roccella – ma si tratta di una sentenza individuale, dunque vale per la singola coppia che ha fatto ricorso. Per tutte le altre rimarrà scritto madre e padre”.

Inevitabilmente, la presa di posizione del Ministro non può che suonare come una beffa per i genitori gay che si auguravano che i loro diritti venissero riconosciuti anche sul piano giuridico. E invece così non sarà: l’unica “scappatoia” per loro resta il ricorso davanti al giudice, ma con il rischio che i tempi si allunghino e quindi anche le spese da sostenere, oltre al rischio che la loro richiesta non sia accolta.

Una causa come questa, infatti, può comportare una spesa che va da un minimo di 6 mila a un massimo di 12 mila euro, come spiegato da Alexander Schuster, avvocato in decine di cause per conto di famiglie Lgbt: “La strategia di Roccella – sostiene Schuster a Repubblicaè intelligente, perché in questo modo tre quarti delle coppie omogenitoriali lasceranno perdere”.

La presa di posizione del nuovo esecutivo ha scatenato indignazione anche da parte di Natascia Maesi, prima donna ad essere eletta presidente dell’Arcigay, che non può che sottolineare come a farne le spese di tutto questo siano innanzitutto i più piccoli, che possono sentirsi discriminati rispetto ad altri coetanei: “A essere danneggiati sono i bambini – ha detto al quotidiano -. Loro fanno parte di famiglie che nella società sono già presenti e accettate. A scuola o in altri contesti dove si presentano non trovano ostacoli, sono trattate alla pari delle coppie formate da due genitori biologici. E ora per un puntiglio ideologico, di principio, c’è un tentativo di negare quello che nei fatti già c’è. È un percorso complicato. Soprattutto, sono ricorsi molto dispendiosi. Non tutti possono permetterselo. Il rischio è che il riconoscimento diventi un privilegio per poche famiglie benestanti. Ma tutte queste famiglie esistono e bisogna farci i conti, proprio per tutelare in primo luogo i minori”.

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