Quello di David Rossi, il manager della Monte dei Paschi di Siena precipitato dalla finestra della sede della banca in piazza Salimbeni, nella città toscana, il 6 marzo 2013, resta uno dei casi di cronaca neri più controversi del nostro Paese.

Catalogato come suicidio, negli anni diverse inchieste – fra cui anche una, molto approfondita, de Le Iene – hanno sottolineato più di un’incongruenza nella sua morte, che farebbero pensare a un omicidio e non al gesto di un uomo intenzionato a togliersi la vita. Dello stesso avviso, sono sempre state la compagna di Rossi, Antonella Tognazzi, e la figlia di quest’ultima, cresciuta dal manager, Carolina Orlandi.

Adesso sarebbe inoltre spuntata una vera e propria confessione, rilasciata già nel 2019, ma inspiegabilmente rimasta inascoltata, e di cui la famiglia ha saputo solo ora; si tratta delle parole di Giandavide De Pau, attualmente a processo per gli omicidi di tre prostitute, Xianrong Li, Jung Xia Yang e Marta Castano Torres, avvenuti nel quartiere Prati di Roma nel novembre 2022 e che sarebbero stati ripresi con il suo telefonino.

De Pau, allora non ancora serial killer ma legato al boss Michele Senese, avrebbe confessato di aver ucciso David Rossi a due ufficiali di polizia giudiziaria, Piero Di Lorenzo e Michele Marri, durante un colloquio avvenuto il 22 maggio 2019, legato ad altre  vicende all’interno del carcere romano di Regina Coeli. Oggi proprio l’avvocato di De Pau, Alessandro De Federicis, chiede che i due vengano ascoltati al dibattimento, ripetendo quanto il factotum del clan Senese avrebbe detto loro in merito alla morte del manager di MPS.

Ex autista del boss Senese, Giandavide De Pau viene descritto dal gip romano Guglielmo Muntoni un soggetto capace “di particolare violenza e con capacità criminale legata a un uso disinvolto di armi per commettere reati”; profilo che è stato confermato anche da una sopravvissuta, Jessica Rodriguez Carvajal, che in aula ha raccontato come l’uomo si vantasse “io ho ucciso molte persone. Tu non sai chi sono io, sono una persona molto cattiva”, anche se, allo stato attuale dei fatti, il movente e le modalità con cui Rossi sarebbe stato ucciso rimangono avvolte dal mistero. Soprattutto perché i familiari di Rossi hanno appreso della confessione dal Corriere della Sera di Roma, non essendoci alcun documento della Procura di Siena, che ha archiviato la vicenda con il modello 45 (atti non costituenti notizie di reato).

Ai due ufficiali a cui confessò l’omicidio De Pau avrebbe detto: “Non stavo in mezzo a persone normali… Parlavo… C’avevo il lavoro mio… Stavo proprio su un altro pianeta, con la gente… Cioè facevo tutto… Facevo favori”.

Fermo restando che spetterà eventualmente agli inquirenti stabilire la veridicità delle parole di De Pau – si parla già di una perizia da eseguire sull’uomo per stabilirne la capacità di intendere -, di certo c’è che l’avvocato Carmelo Miceli, che con il collega Paolo Pirani assiste la famiglia di David Rossi, si è sbottonato con la stampa, spiegando che “a un mese dalla morte di David questa persona si faceva fotografare in compagnia di Senese, un boss che controllava una batteria di calabresi” e che “La Procura di Siena avrà fatto le sue valutazioni, avranno fatto delle indagini ma noi non ne sappiamo niente. Mai stato notificato nulla. Domani [ovvero oggi, ndr.] sarò lì per capirci di più. Mi pare di capire che non gli hanno creduto, altrimenti non capisco perché non si sia dato seguito a queste dichiarazioni autoaccusanti”.

A legare De Pau e David Rossi sarebbero proprio i rapporti del primo con Michele Senese, detto o’Pazz, conosciuto nell’ospedale psichiatrico di Montelupo fiorentino, dove entrambi erano ricoverati. Si era ipotizzata una pista calabrese legata alla ‘ndrangheta, nello stesso periodo in cui la banca senese era attenzionata dai giudici per l’acquisizione di Banca Antonveneta e la crisi finanziaria che ne era seguita, e a questo filone sarebbe legata anche la frase pronunciata dall’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli in una conversazione intercettata dai pm che indagavano sui suoi rapporto col boss: “L’hanno ammazzato, se si scopre chi è stato succede il finimondo”. Un giro piuttosto strano per arrivare a David Rossi, certo, ma a questo punto i legali sembrano non voler escludere niente.

Soprattutto alla luce delle tante già citate incongruenze legate alla sua morte: dalla postura del corpo in caduta, alla dimanica suicidiaria, con ferite sui polsi e allo stomaco, all’orologio di Rossi inspiegabilmente caduto dalla finestra qualche minuto dopo il suo corpo, fino alle mail con l’ammistratore di MPS, Fabrizio Viola, in cui annunciava di voler andare dai magistrati, cancellate, ai fazzoletti sporchi di sangue nel cestino del suo ufficio che il pm Aldo Natalini diede ordine di distruggere, all’ombra che si intravede, nel vicolo, intenta a parlare al telefono, dopo che Rossi precipitò e si schiantò al suolo. Troppi punti oscuri che si aggiungono alla scena del crimine inquinata dagli inquirenti, fatto che tuttavia nessuno, compresi i magistrati Natalini, Antonino Nastasi e Nicola Marini, ritenne grave, al punto da non ritenere di dover redigere un verbale.

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