Giulia Galiotto, la madre: "Il suo assassino è libero, lo Stato ci chiede il risarcimento"

La donna venne uccisa a 30 anni dall'ex marito Marco Manzini, oggi libero. Alla famiglia spetta un risarcimento che l'uomo non ha mai saldato, mentre il fisco italiano ha chiesto a loro di pagare oltre 6 mila euro di tasse.

Giulia Galiotto venne uccisa a 30 anni a San Michele dei Mucchietti di Sassuolo dall’ex marito Marco Manzini l’11 febbraio del 2009, colpita ripetutamente con una pietra e poi scaraventata nel fiume Secchia, nel tentativo di inscenare un suicidio.

Il suo assassino, che aveva voluto incontrarla con una scusa, è stato condannato a 19 anni di reclusione, ma già nel 2022 gli è stato concesso il regime di semilibertà, e nel 2024 ha espiato del tutto la pena, per una totale di 15 anni di carcere.

Già così la storia di Giulia Galiotto, e la sua tragica fine, potrebbero essere uno di quei tanti casi di “giustizia a metà”, di pene senza una certezza e non proporzionate all’entità del crimine, eppure non è la parte peggiore.

Perché Manzini, a oggi un uomo libero, deve ai parenti della vittima un milione e duecentomila euro di risarcimento, ma, come ha spiegato Giovanna Ferrari, madre di Giulia Galiotto, risulta nullatenente, quindi incapace di saldare il debito con la famiglia della donna che ha assassinato.

Il fisco italiano, però, ha chiesto ai familiari 6 mila euro di tasse per quel risarcimento che non otterrano probabilmente mai.

“L’Agenzia delle entrate ci chiede le tasse su un risarcimento che non abbiamo mai ricevuto e probabilmente mai riceveremo dall’uomo che ha ucciso nostra figlia” ha spiegato Ferrari alla Gazzetta di Modena, denunciando l’incubo che con la sua famiglia sta passando.

La famiglia Galiotto ha ricevuto ben tre cartelle esattoriali: “Io sono stata la prima – ha dichiarato la madre della trentenne uccisa – Con il nostro civilista, ho fatto ricorso all’Agenzia delle Entrate. L’avevo già depositato, ma è arrivata una seconda cartella a mio marito. Abbiamo proceduto allo stesso modo e, nonostante questo secondo ricorso, è arrivata la cartella anche a mia figlia Elena, la sorella di Giulia. In totale, sono 6 mila 112 euro. Però, ci sono da moltiplicare per tre le spese di lite”.

Manzini, come detto, probabilmente non pagherà mai la cifra che deve ai familiari della sua vittima, non avendo immobili intestati né liquidità o redditi; “Siamo riusciti a pignorare un quinto del tfr che gli restava dal lavoro che svolgeva prima di essere arrestato – ha spiegato Ferrari – Abbiamo ricevuto poco meno di 2300 euro. Qui abbiamo vissuto il primo dei molti paradossi della vicenda”.

A conti fatti, infatti, alla famiglia di Giulia Galiotto è stata chiesa una cifra superiore a quella che gli spettava, e subito, dopo appena 60 giorni, mentre “per ottenerla noi abbiamo dovuto attendere anni”.

“I nostri avvocati ci hanno spiegato che l’Agenzia delle Entrate calcola l’importo sull’intera cifra precettata, non su quella effettivamente percepita” ha aggiunto; ma c’è una aspetto pardossale, legato al fatto che la famiglia non abbia espropriato un appartamento a Manzini: “Lui, immagino consigliato dai difensori, prima ancora che iniziasse il processo l’ha messo in vendita, dicendosi intenzionato a darci il ricavato. Questo, gli ha permesso di lucrare sulle attenuanti all’ora della sentenza di condanna. All’atto pratico, l’immobile è stato comprato da sua sorella e, prima della prima udienza, ci ha consegnato gli assegni per 265 mila euro. Essendo un suo gesto spontaneo, non abbiamo dovuto pagare tasse”.

Nel regime di semilibertà Marco Manzini ha trovato “Un impiego a tempo indeterminato, con uno stipendio di tutto rispetto. Ci propose di pagarci 50 euro al mese, come segno delle sue intenzioni di riparare al danno causato. Ci sentimmo insultati e ottenemmo che gli fosse detratto un quinto dello stipendio”.

Ma anche quei 250 euro al mese hanno smesso di arrivare: “Il giorno che ha finito di scontare la propria pena ed è tornato libero, nel luglio 2024, si è licenziato e attualmente non ha reddito”. A farglielo sapere un’amica della figlia, che ha incontrato il padre dell’uomo, che vive nall stessa frazione. “Le ha raccontato che Marco era finalmente libero e poteva starsene in ferie”.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!