GF Vip: persone bianche che spiegano a persone nere cos’è il razzismo
Perché al Grande Fratello Vip sono tre bianchi a spiegare i motivi per cui una frase tacciata di razzismo non sia razzista?
Perché al Grande Fratello Vip sono tre bianchi a spiegare i motivi per cui una frase tacciata di razzismo non sia razzista?
Il Grande Fratello non è certamente nuovo alle polemiche, né a diventare il teatro di scene e discorsi poco edificanti, per usare un eufemismo; basti ricordare, solo per citare l’episodio più recente, la squalifica di Fausto Leali nella passata edizione che fu espulso dal reality per aver usato la N-word. A poco sono valse le scuse, le spiegazioni e le giustificazioni, l’atteggiamento del cantante è stato considerato razzista e quindi punito.
Mano diversa, invece, è stata usata per una delle concorrenti di quest’anno, Soleil Sorge, che durante una discussione piuttosto accesa si è rivolta a due coinquilini, la showgirl venezuelana Ainett Stephens e il modello egiziano Samy Youssef, riprendendoli per il tono agitato con cui stavano parlando con la frase: “Sembrate scimmie”.
Il problema, in tutta sincerità, sta poco nelle intenzioni o non intenzioni razziste della frase, e della conseguente diatriba che ha scatenato in casa, e neppure nel porsi la domanda se le scuse seguenti della concorrenti siano effettivamente sincere o dettate da una “necessità”, quella magari di non finire al televoto così come il meccanismo del programma prevede; se siano, in sostanza, solo di convenienza.
Importa poco anche il domandarsi quanto e se le reazioni offese fossero ingigantite per questioni di ascolto o perché, se lo scorso anno una squalifica per una frase razzista c’è stata – eppure anche Leali, reso consapevole dagli altri dell’errore, si è scusato, spiegando che ai suoi tempi lui stesso veniva chiamato “il negro bianco” e quindi non c’era malafede o razzismo nella sua espressione – quest’anno invece si è scelto di seguire la strada della tolleranza.
Quello che colpisce, in negativo, di quanto andato in onda al Gf – che certo non si pone l’obiettivo di essere un programma culturale, ma di fatto è comunque una delle trasmissioni più seguite dell’intero palinsesto televisivo – è che a spiegare il razzismo alle persone coinvolte, e che si sono sentite offese dalla frase (oltre ad Ainett e Samy anche Raffaella Fico, la cui bimba, Pia, è stata oggetto di insulti razzisti da parte dei compagni di scuola), fossero tre bianchi: Alfonso Signorini, Sonia Bruganelli e Adriana Volpe.
Whitesplaining all’ennesima potenza, espresso con frasi come
Esistono le scimmie urlatrici.
Oppure
Voi che avete vissuto il razzismo sulla vostra pelle dovreste sapere che questo non è razzismo.
Peccato che, proprio perché si è vissuto il razzismo sulla propria pelle, si sia gli unici legittimati a sentirsi offesi o meno da una frase, e a ritenerla o meno razzista.
Per non parlare della disserzione finale del conduttore su come la questione sia stata inutilmente ingigantitia e su come il “politically correct abbia rotto”.
Il problema non sono le esagerazioni, o esasperazioni del politically correct, ma il fatto che la tv italiana fatichi, e non poco, a riconoscere il razzismo interiorizzato e consideri solo le intenzioni, fregandosene delle reazioni.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
Cosa ne pensi?