Ora puoi seguire gratis il corso sulla felicità dell'Università di Yale

L'Università del Connecticut apre le porte alla felicità con il corso più popolare della sua storia, lunga più di 300 anni. Tenuto dalla docente di psicologia Laurie Santos, il corso è ora disponibile su Coursera gratuitamente e continua a registrare iscritti, arrivati quasi a 3,5 milioni.

La ricerchiamo, la sogniamo e la inseguiamo nel corso di tutta la nostra vita. Ma mai nessuno ce l’ha “insegnata”. La felicità – stato d’animo tanto ineffabile quanto fugace – è in cima alla classifica delle nostre priorità fin dagli albori del pensiero razionale, e non stupisce che, ormai da secoli, sia oggetto di studio e riflessione di numerosi esponenti della filosofia occidentale. E non solo.

Da Socrate ad Aristotele, da Epicuro a Russell, fino alla psicologia contemporanea e alle sue declinazioni, non c’è, infatti, pensatore che non si sia interrogato almeno una volta sull’essenza della felicità e sul suo significato. La dottrina che la concerne ha anche un nome preciso, eudemonismo, e asserisce che ciascun individuo tenda naturalmente a quella speciale “atarassia” in grado di donare pace e imperturbabilità di spirito.

Un anelito così presente e vivo nelle nostre giornate che la prestigiosa Università di Yale ha persino deciso di dedicargli un corso. Investito da immediato successo e da un’affluenza senza pari, il corso è, poi, approdato sulla piattaforma di e-learning Coursera, dove, soprattutto in seguito al primo lockdown del 2020, ha registrato milioni di iscritti in pochissimi mesi.

E, tuttora, continua a registrarne. Sintomo che, soprattutto in un periodo storico complesso come quello attuale, della felicità ci sia sempre più bisogno.

Il corso sulla felicità di Yale

Università di Yale
Fonte: New York Times

Negli Stati Uniti, la felicità è una cosa seria. Lo dimostra la Dichiarazione d’Indipendenza siglata il 4 luglio 1776, la quale annovera, tra i diritti inalienabili dell’individuo, «la vita, la libertà e la ricerca della felicità».

Un concetto che deve essere rimasto caro all’Università del Connecticut, che nel gennaio 2018 – quindi in piena esistenza pre-pandemia – ha aperto le registrazioni per il corso di “Psychology and the Good Life” (abbreviato “Psyc 157”), presieduto dalla docente di psicologia Laurie Santos. Il successo è subitaneo e inaspettato: nell’arco di pochi giorni, gli studenti, come riporta il New York Times, sono già 300. Dopo una settimana, arrivano circa a 1200, pari quasi a un quarto degli iscritti a Yale.

Come si spiega questo boom di partecipanti? E a quali bisogni risponde questo corso? Gli obiettivi di Santos sono cristallini:

Provare a insegnare agli studenti come condurre una vita più felice e soddisfacente in un percorso di due lezioni a settimana.

E il motivo è ben presto spiegato:

Gli studenti sono interessati al corso perché, al liceo, hanno dovuto mettere da parte la propria felicità per conseguire l’ammissione all’Università, adottando stili di vita dannosi che li hanno condotti a una vera e propria crisi della salute mentale.

Il numero ingente degli iscritti parla chiaro: i giovani desiderano stare bene. Il corso “Psyc 157” diventa, quindi, il più popolare nella storia, lunga oltre 300 anni, di Yale (il numero consueto è di 600 allievi per corso), e costringe anche a repentini cambi d’aula.

La Battell Chapel, con i suoi 844 posti, è, infatti, troppo piccola, e consentire agli studenti che non vi rientrano di seguire le lezioni in live streaming risulta scomodo – il Covid-19 ancora non si sa che cosa sia. L’Università decide, allora, di optare per una scelta inconsueta: collocare la classe intera nell’auditorium Woodsey Hall, solitamente adibito ai grandi eventi, come le esibizioni sinfoniche e affini.

Le immagini sono impressionanti: una folla di studenti con il capo chino è intenta a prendere appunti e a non saltare neanche un passaggio di quanto esposto dalla psicologa Laurie Santos. La quale è impegnata a innestare nei suoi allievi la convinzione che non siano i voti alti, un corpo perfetto o un lavoro ben pagato a garantire la felicità, bensì un insieme di gesti, abitudini e comportamenti quotidiani con cui è possibile allenarsi a migliorare la qualità della nostra esistenza. Affrancandosi dalle false convinzioni che inficiano la nostra salute mentale.

L’approdo su Coursera e la pandemia

Il “corso sulla felicità” si è svolto in presenza solo una volta – «ha creato criticità e non sarebbe carino, nei confronti degli altri corsi e dipartimenti, allontanarne gli studenti» –, ma la ricerca del benessere ha lasciato un’impronta così profonda tra i corridoi di Yale da spingere l’Università ad approdare sulla piattaforma di e-learning Coursera.

A marzo dello stesso anno, dunque, una versione ridotta costituita da dieci lezioni, intitolata “The Science of Well-Being”, è stata resa disponibile anche al pubblico esterno alla Facoltà. Registrato nel 2017 nel salotto di casa di Santos, il modulo, gratuito, incontra subito un’ampia popolarità, coinvolgendo migliaia di iscritti online.

Nessuno, però, si sarebbe aspettato quello che sarebbe successo nell’arco di due anni. A marzo 2020, infatti, con il diffondersi della pandemia e dei relativi lockdown, il corso ha iniziato a registrare milioni di studenti in tutto il mondo, giungendo, a oggi, alla cifra di 3.416.934 learners. E, ora più che mai, non è difficile immaginarne la ragione del successo.

Ma che cosa insegna, fattivamente, il corso più popolare di Yale? Come riporta Vanity Fair, il primo passo per intraprendere le dieci settimane di “rivoluzione mentale” è indagare il proprio stato di felicità. Ogni iscritto deve, infatti, compilare due test per comprendere quale sia il proprio livello di benessere e, in seguito, rispondere a ulteriori domande utili a conoscere i propri punti di forza.

Diario alla mano per annotare progressi, sensazioni e pensieri, lo studente virtuale è, ora, pronto per dare avvio al proprio percorso verso la felicità. Ma affinché i risultati siano duraturi, non possono mancare gli ostacoli e le passeggiate fuori dalla zona di comfort.

Il primo esercizio è, quindi, riportare ogni sera su carta, come si legge su Vice, almeno cinque cose belle avvenute nel corso della giornata. In questo modo, la gratitudine si acuisce e, come racconta una delle iscritte sul New York Times, «una volta che questo gesto diventa routine, inizi a pensare alle cose per cui sei grata nel corso di tutto il giorno, e non solo la sera».

All’esercizio della gratitudine segue, poi, la decostruzione dei “cognitive bias”, che si attua smantellando gli errori di valutazione più comuni e innescando abitudini salubri – dormire il giusto, fare attività fisica, essere gentili verso il prossimo – al fine di deviarne l’attenzione. Di qui, la riflessione sulle proprie capacità e competenze, da concretizzare meditando, dimostrando riconoscenza verso noi stess* e allenando la concentrazione sul presente.

A questo punto, l’orizzonte della felicità è ormai prossimo. Gli ultimi passi richiedono, appunto, lo sforzo di evidenziare i propri obiettivi e delineare un programma per raggiungerli, per poi condividere il proprio cammino con le persone care, creare nuove routine e rifare i test della prima settimana per registrare gli eventuali cambiamenti.

Cambierà qualcosa? A giudicare dall’enorme successo del corso, si può ben sperare che sia così. Ma in un periodo storico complesso come quello in corso, in cui l’apatia regna sovrana e l’ansia e la depressione compaiono per la prima volta o acuiscono i propri sintomi, perché non provare a essere felici? In fondo, basta solo un click.

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