Quanto spesso capita che una donna esprima una buonissima teoria o opinione, sia in contesti sociali che lavorativi, per poi venire ignorata? E quanto spesso capita che, se è un uomo a ripetere quella stessa teoria, venga elogiato? Succede talmente spesso che nel 2017 è stato coniato un termine per descrivere questo comportamento sessista.

La parola hepeating, che può essere tradotta come “ripetere“, non è ancora stata inserita nell’illustre dizionario OED (Oxford English Dictionary), ma è stata di recente introdotta in un manuale interno per il personale dell’autorità di regolamentazione degli esami Ofqual, come riporta il Guardian, dove l’hepeating è descritto come “una situazione in cui un uomo ripete i commenti o le idee di una donna e poi ne viene lodato come se fossero le sue” .

La prima a usare pubblicamente il termine hepeating è stata la professoressa di fisica e astronoma statunitense Nicole Gugliucci, che lo ha annunciato al mondo in un tweet il 22 settembre 2017. “I miei amici hanno coniato una parola: hepeating. Perché quando una donna suggerisce un’idea viene ignorata, ma poi un ragazzo dice la stessa cosa e tutti la adorano“, ha scritto nel tweet.

Il tweet di Gugliucci ha ricevuto l’incredibile cifra di 185.000 like e 58,8.000 di retweet, a dimostrare che le donne nel mondo subiscono questa forma di sessismo molto spesso e in diversi ambienti, soprattutto in quello lavorativo. Siamo infatti abituate al mansplaining (quando gli uomini pretendono di spiegare alle donne con fare paternalistico un argomento banale o di cui la diretta interessata è esperta) e al manterrupting  (quando gli uomini cercano di interrompere le donne, pratica spesso usata in politica), ma la lista di comportamenti sessisti più o meno velati è lunga, e il linguaggio si evolve per dare alle cose il loro nome, come nel caso del nuovo hepeating.

Ma come comportarsi, se si è vittima di questo trattamento? Secondo il Washington Post una tecnica efficace è amplificare il concetto esposto, mettendo in evidenza i punti chiave e ripetendoli nelle riunioni o durante le conversazioni, costringendo così i datori di lavoro e i colleghi a ricordarsi e a dare credito a chi ha avuto l’idea.

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