Cos'è l'himpathy, la compassione verso gli uomini accusati di violenze di genere

Il processo per stupro a Ciro Grillo apertosi recentemente ha posto il focus, ancora una volta, sugli errori degli organi di informazione rispetto alla narrazione della cronaca giudiziaria, basata sull'himpathy, ovvero la compassione nei confronti dell'imputato.

Il processo per violenza sessuale di gruppo a carico di Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia ha avuto  una grande eco mediatica, che si è rinnovata all’alba della richiesta del procuratore capo del Tribunale di Tempio Pausania – nove anni di reclusione per i quattro imputati con riconoscimento delle attenuanti generiche e conseguenze accessorie – introducendo però nel dibattito pubblico il vocabolo himpathy.

Nella fattispecie, il riferimento è agli indugi da parte della stampa sulla prossima paternità di Grillo, da lui stesso invocata, e dal pianto dello stesso, che farebbero leva su sentimento di empatia dando voce e spazio all’imputato, mentre dall’altra parte la vittima verrebbe messa in ombra e sottoposta a vittimizzazione secondaria.
Ma che cos’è esattamente l’himpathy?

Che cos’è l’himpathy?

Per usare la definizione della pedagogista Alessia Dulbecco, per himpathy, concetto ideato dalla filosofa Kate Mann, si intende “la tendenza sociale e culturale a provare empatia e compassione sproporzionate per uomini accusati di comportamenti violenti o misogini, a discapito delle vittime, che passano invece in secondo piano”.

Flaminia Saccà, docente di Sociologia alla Sapienza di Roma e membro dell’Osservatorio STEP – Ricerca e Informazione, che si propone di indagare sugli stereotipi di genere e i pregiudizi verso le donne vittime di violenza nel linguaggio giudiziario e dei media, ha approfondito la tematica in un post pubblicato sul suo profilo Instagram.

Dopo aver analizzato quasi 70.000 articoli dal 2017 ad oggi, come team di ricerca e come Osservatorio STEP possiamo dire che la rappresentazione sociale della violenza maschile alle donne utilizza, trasversalmente, due cornici interpretative ricorrenti e complementari: l’himpathy (l’empatia per il maltrattante, il femminicida, lo stupratore.. ) e il victim blaming (la colpevolizzazione della donna vittima di violenza) – scrive Sacca –  I dispositivi retorici sono i più vari e spesso subdoli. Uno di questi consiste nel dare acriticamente voce al denunciato, sin dal titolo, occasione che verrà utilizzata per autoassolversi, suscitare pietà, empatia e solidarietà. Presentandosi ad esempio, come disperato, in lacrime.

Alcuni esempi di himpathy sulla stampa italiana

Ecco quindi che, nella narrazione del fatto di cronaca compaiono i “giganti buoni” che ammazzano le donne “colpevoli” di aver respinto delle avances, i “padri di famiglia, lavoratori”, colti da “raptus” che uccidono le compagne, mentre nel racconto giudiziario post-crimine il focus ricade, per citare alcuni degli esempi più recenti e tristemente famosi, sulle lacrime di Alessandro Impagnatiello o su Filippo Turetta che chiede di poter studiare in carcere, cancellando, di fatto, la dignità delle vittime.

Filippo Turetta dopo i primi giorni in carcere: “Posso avere dei libri? Potrò studiare qui dentro?” – Vanity Fair, 27/11/2023

Filippo Turetta suona in una band e frequenta un corso di inglese: in carcere anche palestra, tv, libri e una cappella – Il Mattino, 2/12/2024

Impagnatiello in lacrime si scusa:”Dal giorno del delitto non vivo più”. I familiari lasciano l’aula – Rai News, 18/01/2024

Impagnatiello e le scuse in lacrime al processo: “Io disumano. Sto capendo cosa significhi perdere un figlio” – Il Giorno, 18/01/2024

Flaminia Saccà, in un secondo post pubblicato poco più tardi, ha poi fatto sapere che l’Osservatorio STEP ha deciso di diramare un comunicato “per stigmatizzare questa narrazione sbilanciata, così empatica verso un presunto stupratore e così poco rispettosa delle vittime”.

“I virgolettati – si legge nel comunicato – il soffermarsi sul presunto cambiamento, anche nell’abbigliamento, di uno degli imputati (Ciro Grillo), il suo pianto alla fine della deposizione alimentano una empatia nei confronti dell’imputato di violenza, che ha voce, mentre la vittima resta in silenzio, è definita ‘ presunta’, forma subdola di colpevolizzazione trascurando le conseguenze di ciò su di lei”.

L’Osservatorio, prosegue il comunicato, chiede “di raccontare i fatti con parole e immagini corrette, senza fare proprie le tesi della difesa e, anche, del pubblico ministero, evitando quella asimmetria tra uomini e donne, di cui ancora è intrisa la società e che l’informazione deve contribuire a cambiare”. Da ultimo, si riserva, assieme alle Commissioni Pari Opportunità dell’FNSI, del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e Usigrai e dell’associazione Giulia Giornaliste, di denunciare ai Consigli di Disciplina territoriali competenti chiunque sia autore o autrice di un’informazione così lesiva nei confronti delle donne”.

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