"Ho avuto un ictus a 23 anni. Ora sono una personal trainer"

Un diploma in Belle Arti, un corpo sano, una vita normale. All'età di 23 anni Ally Berlin ha perso tutto questo: un giorno, all'improvviso e senza un motivo apparente, è dovuta correre al Pronto Soccorso perché non riusciva più a parlare. Dopo un lungo percorso si è riappropriata del suo corpo e oggi vuole raccontare la sua storia.

Una storia straordinaria di tenacia e amore verso la propria persona. Una salita lenta e dolorosissima verso la riconquista della normalità. Ma ciò che ha trovato Ally Berlin alla fine del suo percorso è molto più della normalità: è la consapevolezza di quanto il suo corpo e il suo cervello possano essere forti.

Ally ha avuto un ictus a 23 anni. Ha scritto un articolo, pubblicato su Harper’s Bazaar, per raccontare la sua storia e ispirare altre persone.

Stavo lavando i piatti quando ho realizzato che avevo della bava alla bocca. Credevo di sognare ad occhi aperti. Così mi sono asciugata la saliva e ho preso il mio cellulare per chiedere a Siri che tempo facesse fuori – ma c’era un problema, non riuscivo a parlare. Dei suoni uscivano dalla mia bocca ma decisamente non sembravano delle parole: solo un borbottio biascicato. Ho cercato di chiamare il mio ragazzo, ma non riuscivo a sbloccare il cellulare. Era come se il mio cervello sapesse quali numeri premere sullo schermo, ma le mie dita non collaboravano. Davvero non sapevo se tutto ciò fosse reale.

Dopo quelli che mi sono sembrati un milione di tentativi, finalmente sono stata in grado di digitare il suo numero. Mi ha detto di andare al Pronto Soccorso (che, grazie a Dio, era a pochi isolati di distanza) e che mi avrebbe raggiunta lì. Solo quando sono arrivata ho realizzato che era tutto vero, e ho avuto un attacco di panico. Il viso inondato di lacrime, non ero capace di parlare. Ho cercato di firmare alla reception del Pronto Soccorso, ma non sono stata in grado di scrivere. Solo una goffa linea tremolante.

Lì per Ally è iniziata una sorta di calvario. Tutti i medici che l’hanno esaminata le hanno fatto la stessa domanda: “Assumi droghe?”. Uno di questi, sottovalutando i sintomi, le ha detto che probabilmente aveva solo avuto un attacco di panico. “Sono andata a dormire quella notte – scrive Ally – con il mio gatto addormentato sul mio petto, senza sapere se mi sarei svegliata il giorno dopo“.

L’indomani, convinta fino in fondo di aver vissuto qualcosa di reale e non un “semplice” attacco di panico, Ally si è recata in un altro ospedale, dove l’hanno ammessa per degli esami neurologici. Diagnosi: ictus. Nessuno ha mai trovato una spiegazione medica a tutto ciò.

Poco dopo è iniziato il lungo percorso della riabilitazione. Fisioterapia, esercizi di pronuncia… il suo corpo ha dovuto ricominciare tutto da capo. Persino le azioni più semplici, come appoggiare il piede a terra per camminare, erano diventate difficilissime. La percezione delle distanze, azzerata: quanto devo allungare la gamba per camminare intorno a un ostacolo? Devo iniziare un passo con la punta o con il tallone? Tutti movimenti che per noi sono naturali fin da quando eravamo bambini, Ally non era più in grado di svolgerli senza un grandissimo sforzo fisico e mentale.

Fonte: Harper’s Bazaar

In questo difficile processo le è stata di grande aiuto Katie, la fisioterapista, che Allie chiamava la sua personal trainer “perché mi faceva lavorare davvero tanto”. Katie è riuscita a stimolarla facendole apparire tutto come un gioco. Anche le attività più semplici, come costruire una collanina con le graffette o giocare ad acchiaparella. “Era dura, ma divertente. Mi sentivo il cervello in fiamme per lo sforzo. Ma si tratta di uscire dalla comfort zone: ho realizzato che il nostro corpo non cambierà mai se non ci poniamo delle sfide. Oggi questa stessa cosa la dico ai miei clienti”.

All’epoca Ally aveva un diploma all’Accademia di Belle Arti. La cosa più dura è stata non riuscire più a disegnare come un tempo.

Una delle mie terapiste mi ha detto di copiare un’immagine da una rivista. Mi si è spezzato il cuore quando l’ho sentita lodare il mio lavoro: quel disegno era tremendo. Mi ha consigliato di contattare la mia ex insegnante di disegno, e lei è stata incredibilmente incoraggiante. Mi ha detto di accettare il modo in cui ero in grado di disegnare ora, così avrei trovato uno stile solo mio. Ma onestamente non ci riuscivo, volevo indietro il mio vecchio stile. Mi ci è voluto un anno per riuscire a disegnare di nuovo. È la cosa che mi ha emozionato di più. Durante il college avevo addirittura vinto un premio di design ed esposto in una galleria d’arte. Dopo, tutto questo mi è stato portato via.

Le azioni più banali restavano complicate. Come mescolare un mazzo di carte, mettere il rossetto, prendere un foglio di carta senza spiegazzarlo. “Le mie mani tremavano e facevo un disastro. Lavarmi i denti mi faceva sentire come se ci fosse qualcosa di seriamente sbagliato in me. Mangiare era strano, imbarazzante: dovevo masticare attentamente e mandar giù il cibo in piccole porzioni, perché la mia gola sembrava più stretta. Dovevo bere a sorsi molto piccoli, altrimenti mi sarei sentita soffocare”. Anche leggere e parlare era diventato difficile: “il meglio è stato quando ho provato a leggere per miei i cuginetti gemelli di sette anni e loro mi hanno corretta. ‘Ally, non c’è scritto mousse, c’è scritto mouse!’ AH, OK”.

Circa un anno dopo Ally ha potuto terminare le sue sessioni di terapia. Era molto nervosa all’idea di affrontare il mondo reale: quelle lezioni, nel bene e nel male, erano diventate la sua routine e una parte di lei non voleva che finissero. Ha avuto crisi all’ordine del giorno, pianto moltissimo, indossato cappelli per nascondere il viso. “Mi coprivo la bocca con una mano quando sorridevo. Mi infastidiva non riuscire a prendermi cura del mio corpo, così un giorno il mio ragazzo mi ha regalato una manicure a domicilio. Mi sono sentita di nuovo una persona, una ragazza di 23 anni quasi normale. Ho pianto molto, ma sai cosa? Siamo umani e possiamo anche essere deboli e vulnerabili a volte”. Pur avendo vissuto momenti molto difficili, però, Ally non si è mai davvero arresa.

Sono passati tre anni e sì, ho ancora qualche “problemino”: quando sono molto stanca biascico un po’, leggere è ancora una sfida. Ma davvero non posso lamentarmi. Attraverso la riabilitazione ho imparato quanto il mio corpo mi ami in realtà. Corpo e cervello hanno lavorato duro, insieme, per rialzarsi. Il corpo è il nostro tempio e faremmo bene a trattarlo al meglio, con uno stile di vita sano e con tanto amore verso noi stessi. Perché la prima volta in cui sono riuscita di nuovo a scendere una scalinata senza aggrapparmi al corrimano, ho pianto. La prima volta in cui ho camminato normalmente su un tapis roulant, non sarei più voluta scendere. La prima volta che sono riuscita a correre dopo l’ictus sono scoppiata in lacrime.

Così Ally ha trovato la sua nuova strada: essere una personal trainer e insegnare agli altri a credere nel proprio corpo. “Quando mi alleno e sento che non ce la faccio più, penso a queste cose ed è lì che comincio a darci dentro. Non conosco ancora il motivo del mio ictus, ma quello che so è che mi ha reso molto più forte. Sono stata all’inferno e sono tornata indietro e tutto questo per me stessa. Ora voglio ispirare le persone. Voglio mostrare loro quanto siano forti in realtà”.

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