In Iran è stata eseguita la prima condanna a morte di un manifestante che ha preso parte alle proteste in atto ormai da mesi nel Paese dopo la morte d Mahsa Amini, la giovane donna fermata dalla polizia iraniana per non avere indossato il velo.

Il prigioniero, morto per impiccagione, è il 23enne Mohsen Shekari, che era stato “condannato per avere ferito intenzionalmente una guardia di sicurezza con un lungo coltello e bloccato una strada nella capitale“, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Tasnim, che rivela che l’esecuzione è avvenuta nella mattinata di giovedì 8 dicembre 2022.

Il legale che lo assisteva aveva provato a presentare ricorso nella speranza di potergli salvare la vita, ma la sua richiesta è stata respinta dalle autorità iraniane, che l’hanno ritenuta “non valida né giustificata”. La decisione è stata giustificata dalla Corte Suprema, che ha ritenuto il comportamento del manifestante “un esempio di ipocrisia”, oltre che colpevole di “inimicizia contro Dio”.

I magistrati hanno ritenuto idonea la condanna basandosi sulle dichiarazioni fatti da alcuni testimoni di fatti di cui si è reso protagonista: secondo quanto riferito, il giovane il 25 settembre 2022 sarebbe arrivato a fermare una strada principale a Teheran e ferire con un coltello un membro delle forze paramilitari Basij. Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights con sede in Norvegia.

Sulla base di quanto riportato dalla magistratura, finora sono 11 le persone condannate a morte in Iran (tra loro c’è anche la compagna di cella di Alessia Piperno): almeno 475 manifestanti sono stati uccisi e 18.240 sono stati arrestati, secondo l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana. A loro si aggiunge la morte di 61 membri del personale di sicurezza

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