A partire dalla fine di novembre 2022 sono state numerose le studenti che sono rimaste intossicate in Iran, dove la repressione è attiva ormai da mesi, in modo particolare dopo l’uccisione di Mahsa Amini. Sono state diverse le ragazze che hanno richiesto l’assistenza medica dopo avere riscontrato nausea, senso di soffocamento e svenimenti, sintomi che sarebbero riconducibili a un avvelenamento. L’ipotesi è stata confermata anche da alcuni odori “particolari” e non identificati in diversi istituti del Paese.

Sono diverse le province dell’Iran in cui sono stati registrati gli episodi. È il caso di Teheran, Qom, Zanjan, Khuzestan, Hamedan, Fars, Gilan, West Azarbaijan, East Azarbaijan, Kordestan e Khorasan Razavi.

L’agenzia di stampa Ima ha ora reso noti gli arresti eseguiti in questi ultimi giorni: a finire in manette sarebbero state oltre 100 persone. “Le prime indagini mostrano che un certo numero di queste persone, per malizia o avventurismo e con l’obiettivo di chiudere le aule e influenzati dal clima psicologico creato, hanno adottato misure come l’uso di sostanze innocue e maleodoranti” – si legge nel comunicato firmato dal Ministero dell’Interno che è stato diffuso a riguardo.

Tra le persone che sono finite in carcere, come indicato nella nota, ci sono “individui che hanno cercato di creare terrore e paura tra i cittadini e gli studenti, oltre a voler chiudere le scuole e creare pessimismo nei confronti dell’establishment islamico”.

The Media Line, agenzia di stampa USA specializzata sui fatti che avvengono in Medio Oriente, è convinta sulla base di  fonti interne al Paese che hanno preso in considerazione esperti iraniani, che uno degli obiettivi degli avvelenamenti sia quello di distrarre l’opinione pubblica dalle proteste nelle piazze contro il regime, attribuendone la colpa a “un pugno di estremisti talebani” che le autorità possono combattere, “esonerando così il sistema islamico nel suo complesso”.

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