Leggo analisi sulla vittoria di Trump che tirano fuori dalle tasche manciate di verità, per non perdere l’occasione di dimostrare di aver capito tutto sul trend del giorno e metterci dentro pure una dose di autocritica, che fa tanto bravi, col senno di poi.

Del senno di poi, si sa, son piene le fosse, i fossi e pure tutti i luoghi, i laghi e i lager del mondo. E infatti queste analisi sono tutte vere, verissime, ma parziali, parzialissime, al punto da essere di parte.

E la parte è sempre la stessa: quella bianca della Storia.

È chiaro che abbiamo tutte e tutti ragione sulla gravità di questa seconda presidenza di Trump, che apre a uno scenario mondiale ancora più nero (il colore non è metaforico).

Trump è il negazionista dei cambiamenti climatici, il misogino che ha promesso che “proteggerà le donne, che loro lo vogliano o no” e che punta a bandire qualsiasi rimasuglio di diritto all’aborto (anche in caso di incesto o stupro, per intenderci). È il tycoon che gioca a Risiko con Vladimir Putin, Javier Milei, Viktor Orban, quello del muro al confine col Messico e della tolleranza zero con i migranti.

È il maschio che applaude l’assalto a Capitol Hill e quello dichiarato colpevole di tutti i 34 capi d’imputazione nel caso Stormy Daniels; e molto altro: il peggio volto di un’umanità populista, becera e soprattutto spaventata, ché è la paura che storicamente ha permesso l’affermarsi di regimi, votati od osannati nella convinzione di poter trovare in essi “la sicurezza e la disciplina” (cit.) rispetto a un “nemico” che è sempre “l’altro”.

È con il privilegio di questa bianchezza, a me pare, che stiamo commentando oggi con stupore e indignazione.

Dalla nostra bianchezza non ci capacitiamo di come le persone nere (inteso black e brown, cioè non bianche) non siano “state in grado” di evitare il peggio.

Vero, Kamala Harris non era la candidata ideale, ma se l’alternativa è Sauron il buonsenso (bianco!) o almeno un principio di autoconservazione suggerivano di tapparsi il naso e votare per lei, no?

Giusto, se l’autoconservazione di cui parliamo è ancora bianca.

Quando ad agosto, durante il discorso di Harris a Detroit, alcuni attivisti (sicuro non trumpisti!) hanno iniziato a scandire

Kamala, non puoi nasconderti! Non voteremo per il genocidio

stavano chiedendo alla candidata democratica di prendere posizione su un tema storicamente connesso ai movimenti Black Lives Matter: l’apartheid palestinese, ora oggetto del primo genocidio in diretta social con il benestare dell’Occidente.

Prima risposta di Harris:

Sono qui perché crediamo nella democrazia, la voce di tutti conta. Ma ora parlo io.

Il coro non si è fermato. Seconda risposta:

Sapete cosa? Se volete che Donald Trump vinca, allora ditelo. Altrimenti, parlo io.

Eccola, la posizione di Harris, ribadita anche durante la Convention nazionale democratica, quando non è stato dato spazio a chi riproponeva il tema.

Notare che, a giugno, un sondaggio di Data for Progress aveva mostrato il 64% dei probabili elettori, avrebbe voluto un cessate il fuoco e sanzioni per Israele in caso di un mancato accordo. Tra questi l’86% dei democratici, il 64% degli indipendenti e il 62% degli elettori indecisi.

Sì, ma, era la meno peggio. Vero, ma il problema è quanto questo “meno peggio” possa essere accettabile.

Ora, possiamo davvero pensare che persone black e brown, possano votare per lo status quo di una democrazia affinché Trump non possa fare male all’America e al mondo bianco, senza considerare cosa Biden-Harris hanno già fatto e avrebbero continuato a fare?
A chi accusa le persone nere di non fare la loro parte per evitare l’autocrazia, la femminista nera musulmana Mona Eltahawy risponde:

L’autocrazia c’è già.
Solo che finché succede lontano va bene, giusto? […]
E a te che non dovrebbe succedere, giusto? Perché?
Perché sei bianco. La ragione è la supremazia bianca (…)

Supremazia che porta con sé arroganza e ingenuità.

Pensiamo che “certe cose non potrebbero mai succedere (o ri-succedere) qui”.

Scrive Eltahawy:

Per molti significa che c’è qualcosa di sbagliato in te se perdi un diritto. Capita solo a persone non bianche: solo le persone nere in un paese lontano finiscono con un governante autoritario; e in qualche modo se lo meritano. È facile riconoscere i fascisti e i teocrati quando non ti somigliano.

Una donna al potere non fa il femminismo. Una donna nera al potere non fa l’anticolonialismo né la democrazia progressista.

Finché penseremo che il “meno peggio” sia ciò che garantisce il nostro privilegio bianco e uccide chi bianco non è, i Trump continueranno a succedere.

“Prisma. Spunti per riflettere il presente” è una rubrica nativa social a cura di Ilaria Maria Dondi, che si pone l’obiettivo di uscire dalle polarizzazioni e guardare il mondo da punti di vista diversi per riappropriarci della complessità e delle sfumature. Questo è il contenuto social originale:

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