Su Instagram nei giorni scorsi è rimbalzato di stories in stories il post di The Cut riportato di seguito, che rimanda all’omonimo articolo.

Oggetto dell’ironia di alcuni e dell’indignazione di altri, la pratica del Beauty Sleep di cui parla non si può certo attribuire a un inedito trend di TikTok.

Almeno non senza trasformare le nostre nonne (o altre donne della nostra famiglia) in proto-beauty influencer che la sera organizzavano pazientemente i capelli attorno a bigodini stretti in una retina, e al risveglio smontavano l’impalcatura che le restituiva ogni mattina ai lavori domestici e alla cura di figli, mariti e parenti vari, come appena uscite dal parrucchiere.

Oggi questa pratica mattutina ha un nome, Morning Shed, che su TikTok aveva già superato i 75 miloni di post a settembre, quando Vogue America la spiegava così:

Ogni notte, un gruppo di donne tira fuori i propri strumenti per la cura della pelle. Usano detergenti, creme e maschere notturne, quindi indossano una cuffia, un paradenti, un cinturino per il mento e del nastro adesivo sulle labbra. Dormono sulla schiena, con il corpo spalmato di olio, e quando si svegliano, premono il tasto di registrazione, rivelando il processo
di rimozione. Il risultato? Un viso fresco che assomiglia a una ciambella glassata.

A chiunque l’abbia vista, a questo punto sarà venuta in mente la scena in cui la fantastica Signora Maisel finge di andare a letto alla stessa ora del marito, salvo poi sgattaiolare in bagno appena lui si addormenta per acconciarsi capelli, spalmarsi la maschera per la notte e altre diavolerie, tornare a letto e puntare la sveglia per svegliarsi al mattino prima del marito così da avere il tempo di togliersi l’impalcatura per fingere un risveglio nature, fresca non di riposo, ma di night beauty routine.

Per lei almeno niente smartphone: nel suo caso è tutto a favore di marito, oggi di milioni di follower.

Se non è desiderabile la sua stanchezza di moglie nella New York degli anni ’60, perché è diventato cool oggi ri-sottomersi a una vecchia schiavitù misogina?

Scrive su Instagram Silvia Grasso, autrice e filosofa femminista, in libreria con La filosofia di Barbie (il melangolo, 2024):

Andare a letto “brutte” per svegliarsi “belle” sfruttando i benefici dei trattamenti di bellezza durante le ore di sonno non è una cosa nuova. La cosa nuova è trarne profitto vendendo i prodotti che si mostrano online mostrandosi al mondo. La cosa nuova è anche rivendicare un modello vecchio di schiavitù, travestito da nuova narrazione consapevole.

Grasso centra un punto cruciale quando scrive:

Non cambia, invece, la fatica quotidiana di apparire in un certo modo che ci costringe persino a “sfruttare il tempo del sonno”, occupare un momento di riposo e spendere tutti i nostri soldi per mantenere vivo e vegeto il mito della bellezza.

Ne aggiungo però un altro:

Le donne non hanno tempo

Non riescono a tenere il passo di un lavoro che le pretende performanti come e più degli uomini e di una società che richiede loro la totale cura dei figli, dei compagni o dei mariti, della casa, dei genitori e dei familiari propri e del partner.

Senza però trascurare la cura di se stesse, in ossequio a quel diktat di femminilità graziosa, al bisogno seduttiva, sempre a favore di male gaze e del piacere maschile.

Oltre ai diktat, però, ci sono anche i desideri, ma… Se sulle spalle delle donne

  • pesa oltre il 76% del lavoro di cura,
  • per una media italiana di 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno (per gli uomini siamo a 1 ora e 48 minuti),
  • che va a costituire quello che la sociologa Arlie Russell Hochschilddi chiama second shift, cioè secondo turno (inteso come lavoro non pagato che si somma al lavoro retribuito svolto fuori casa, con tutto il carico mentale e di fatica fisica che ciò comporta),

che tempo libero rimane loro da dedicare a se stesse, alle proprie passioni, alla salute mentale, alla propria formazione e sì, anche alla cura del proprio aspetto? Risposta: quello sottratto al riposo.

Ecco allora che il tempo del riposo diventa l’unico cui poter erodere un momento per sé, per la propria cura o per la crescita personale.

Capitalizzare il While you Sleep per resistere

Il concetto di capitalizzare il While you Sleep, il tempo in cui si dorme, su YouTube e nelle playlist Spotify trionfa di promesse:

Learn English while you sleep;
Calm your brain while you sleep ;
Rejuvenate while you sleep.

L’idea di migliorare il proprio inglese, meditare o occuparsi della propria salute mentale, ottimizzare di notte i tempi impossibili delle beauty routine proposte dai media, può sembrare a costo zero. Non lo è!

Perché il while you sleep impatta sulla qualità del riposo con effetti devastanti.

Dietro al trend che potremmo essere tentate e tentati di liquidare solo come frivoli, tocca cioè vedere anche il tentativo di rendere più desiderabili o comunque meno opprimenti – non arrivo a dire di rivendicare – dinamiche di sopravvivenza a una vita che, per le donne, rischia di essere più alienante che per gli uomini, perché scandita senza soluzione di continuità al ritmo di un lavoro h24, in parte pagato meno in parte non pagato affatto.

Sottrarre poco o tanto tempo al sonno per leggere, farsi una tinta, frequentare quel corso di e-learning con cui sogniamo di cambiare il nostro futuro o un book club per dedicarci un’ora tutta per noi, per molte donne è un atto di resistenza quotidiana pagato con la moneta della stanchezza cronica.

Disperato, come il tentativo di sfruttare il sonno stesso, certo, ma è evidente che, a torto o ragione, alcune non vedano alternativa, e altre arrivino a idealizzare la propria reazione. Un po’ come si è fatto col mito tossico della donna multitasking.

Non a caso si parla di exhaustion gap, “solo” una delle infinite forme assunte dal gender gap.

“Prisma. Spunti per riflettere il presente” è una rubrica nativa social a cura di Ilaria Maria Dondi, che si pone l’obiettivo di uscire dalle polarizzazioni e guardare il mondo da punti di vista diversi per riappropriarci della complessità e delle sfumature. Questo è il contenuto social originale:

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