Perché con la pandemia sono aumentate le bambine sottoposte a mutilazioni genitali
La pandemia ha riportato le cose indietro di anni, e aumentato nuovamente il numero di ragazze sottoposte a mutilazioni genitali nel mondo.
La pandemia ha riportato le cose indietro di anni, e aumentato nuovamente il numero di ragazze sottoposte a mutilazioni genitali nel mondo.
I dati incoraggianti degli ultimi anni sulle mutilazioni genitali femminili sembrano purtroppo essere di nuovo in risalita a causa della pandemia; due milioni di ragazze che sarebbero state risparmiate dalla pratica rischiano invece di trovarsi a subirla proprio a causa di lockdown e crisi economica seguente alla pandemia, che ha costretto molte famiglie, nelle aree più povere del mondo, a togliere le figlie da scuola per farle sposare.
E dire che lo stop alle mutilazioni genitali è sull’Agenda dell’ONU e fissato come obiettivo per il 2030, ma stando così le cose il raggiungimento del traguardo sembra sempre più difficile. Nel Kenya, dove le mutilazioni sono state vietate nel 2011, e prima della pandemia c’era una vasta campagna per eradicare del tutto la pratica anche dalla contea di West Pokot, al confine con l’Uganda, sembra che una ragazza su cinque, di età compresa tra i 15 e i 49 anni, abbia subito una mutilazione, e che 500 nella sola area di West Pokot abbiano avuto la stessa sorte solo da fine aprile.
A cambiare, semmai, è l’informazione che, anche nelle zone interessate, si fa oggi del problema, come ha sottolineato l’attivista Domtila Chesang al Guardian:
Ora abbiamo il più alto numero di procedimenti giudiziari mai visto perché abbiamo esercitato molta pressione sull’amministrazione e sul dipartimento di polizia, con l’aiuto dei social media e degli attivisti, per ottenere l’attenzione del pubblico.
Chesang ha anche aggiunto:
Essere a scuola è la ragione principale per cui le ragazze non vengono mutilate. Le ragazze sono al sicuro a scuola. Con le scuole chiuse, non c’è alternativa: sono lasciate alla mercé dei loro genitori e della comunità. C’è una connessione diretta tra l’aumento delle mutilazioni e il Covid-19 perché non ci sono indicazioni chiare su ciò che accadrà dopo, e questo getta le persone in confusione.
L’attivista ha persino parlato di una famiglia che ha fatto riesumare il corpo della figlia per sottoporlo a una mutilazione, a indicare quanto grande sia lo stato di confusione in cui in certe aree del mondo si vive in seguito alla pandemia.
La gente vede che non c’è speranza di tornare a scuola, quindi sono tornati a mutilare le ragazze. È un rito di passaggio, ed è un momento che anticipa il matrimonio precoce, perché non appena una ragazza diventa maggiorenne è vista come pronta per essere sposata. Siamo tornati a zero [in termini di progresso] in alcune aree. Ma almeno sono in grado di riportare in prima persona un’immagine fedele di ciò che sta accadendo.
Fra i Paesi con il più alto numero di mutilazioni figura la Somalia, in cui addirittura il 98% avrebbe subito la pratica; il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, UNFPA, ha stimato che solo nel 2021 potrebbero essere 290.000 le ragazze che subiranno l’operazione, compresa la sua forma più grave, in cui vengono del tutto rimossi i genitali esterni e l’apertura vaginale viene cucita per lasciare solo un piccolo foro attraverso il quale far passare il sangue mestruale. Inutile anche sottolineare come molto spesso queste pratiche vengano eseguite in ambienti insalubri, con mezzi di fortuna quali coltelli, rasoi o persino vetri rotti.
Anche il Somalia le mutilazioni sono costituzionalmente illegali, ma le pressioni dei gruppi conservatori e religiosi ha impedito ai legislatori di poter approvare leggi serie per punire i trasgressori. Lo stesso avviene in Egitto, dove le mutilazioni sono illegali dal 2008 e punite dal 2016, ma molti genitori continuano a costringere le figlie a subirle. In tutto, si ritene che circa 27 milioni di donne le abbia subite.
Anche la giornalista e attivista egiziana Reem Abdellatif sostiene che il Covid abbia lasciato strada libera alle mutilazioni e ad altre violenze di genere.
Sotto l’emergenza sanitaria si stanno verificando molti abusi contro le donne, che si tratti di mutilazioni o di violenza domestica in casa. È l’unica cosa a cui chiunque può pensare. Molte persone in Egitto vivono al di sotto della soglia di povertà e tutti entrano in modalità panico.
Proprio come in Kenya e Somalia, molti genitori di ragazze in Egitto sono desiderosi di frenare la “promiscuità” sessuale e promuovere la stabilità finanziaria e sociale attraverso il matrimonio. E ci sono casi come quello del padre che ha ingannato le tre figlie, dicendo loro che le avrebbe portate a farsi vaccinare per condurle invece a subire la mutilazione. Oggi è in attesa del processo.
A svolgere un ruolo importantissimo nella sensibilizzazione generale sul dramma delle mutilazioni genitali femminili Ifrah Ahmed, che ha subito lei stessa la pratica e ha aperto la Fondazione Ifrah, che mira a porre fine alle mutilazioni nel Corno d’Africa, dopo aver lasciato la Somalia per stabilirsi in Irlanda.
È anche grazie a lei se oggi alcune morti sono state attribuite proprio alle pratiche di mutilazione, mentre prima le eventuali complicazioni legate a queste erano completamente taciute. È successo, ad esempio, nel caso di una bambina di dieci anni morta per dissanguamento nello stato di Galmudugh, in Somalia, nel luglio 2018, prima morte ufficiale denunciata da un’attivista della Fondazione e confermata dalle indagini.
Della storia di Ifrah parla anche il film A Girl from Mogadishu, uscito nel 2019.
Non voglio che le persone mi vedano come una vittima. Voglio che le persone mi vedano dare potere ad altre donne. Voglio mostrare alla gente che qualunque cosa le donne somale abbiano passato, possiamo essere forti e superarla.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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