Maestra in una scuola cattolica licenziata per essere rimasta incinta: la sentenza fa discutere

La giovane aveva intentato una causa nel 2014 contro l'istituto dove lavorava per presunte violazioni della legge sui diritti civili. La presa di posizione del giudice è stata per lei inaspettata.

Victoria Crisitello, di professione maestra, è stata licenziata dalla scuola in cui insegnava, il St. Theresa School di Kenilworth, dopo avere rivelato di essere rimasta incinta. La giovane ha deciso di fare causa all’istituto, convinta di essere stata vittima di una profonda ingiustizia, ma ha perso la causa in Tribunale.

La sentenza emessa dalla Corte Suprema del New Jersey ha motivato la sua decisione prendendo spunto dal codice etico della scuola: lei, infatti, avrebbe violato le regole facendo sesso prima del matrimonio, fatto che l’ha poi portata a restare incinta. L’Istituto è infatti una realtà cattolica particolarmente nota anche per le sue regole, proprio per questo viene imposto ai suoi dipendenti di non fare sesso prima del matrimonio, comportamento che avrebbe evidentemente avuto anche la maestra, che non era ancora sposata.

A giustificare la decisione anche un documento che la donna aveva firmato al momento dell’assunzione, al pari di tutti i suoi colleghi, in cui si impegnava a rispettare il codice etico. Non si può quindi definire il licenziamento che lei ha subito (i fatti risalgono ad alcuni anni fa) com eun atto illegittimo o discriminatorio ed è proprio su questo che ha fatto leva il giudice al termine del processo: “Siamo delusi dalla decisione ma siamo grati che la sua portata sia ristretta e non influirà sulle importanti protezioni che la legge contro la discriminazione prevede per la stragrande maggioranza degli abitanti del New Jersey” – sono state le parole riportate da Leggo.it di un portavoce dell’Ufficio del procuratore generale alla stampa locale.

La Corte ha sottolineato come le realtà religiose, tra cui possono rientrare anche le scuole, abbiano tutto il diritto di introdurre dei regolamenti interni, proprio per questo può essere naturale per loro basare le loro scelte sui principi della religione e considerarli delle eccezioni rispetto a quanto previsto dal diritto al lavoro.

I rappresentanti della scuola, che hanno sempre sostenuto di agire in modo corretto, non hanno nascosto la propria soddisfazione per questa importante peesa di posizione in Tribunale: “Siamo lieti che la Corte Suprema abbia sostenuto i diritti dei datori di lavoro religiosi di agire in conformità con i loro principi religiosi” – hanno fatto sapere in una nota ufficiale.

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