Questo maglione è fatto di capelli. Perché quella di Zsofia Kollar è un ottima idea

La designer ungherese ha pensato di creare una linea di abbigliamento riciclando gli scarti dei parrucchieri e trasformandoli in filati ecosostenibili che abbattono costi e inquinamento. D'altronde "la spazzatura è solo materia prima nel posto sbagliato", proprio come recita l'etichetta dei capi.

Originale, creativa e sostenibile, è questa l’idea della designer ungherese, Zsofia Kollar, ossia creare una linea di abbigliamento con fibre organiche ottenute dai capelli. E se solo il pensiero di indossare un maglione fatto in questo modo vi fa impressione, continuate a leggere e capirete che non c’è niente di sgradevole, anzi.

Partiamo dalla materia prima: ogni anno solo nel continente europeo vengono tagliati capelli per un peso pari a circa 72 milioni di kg, si legge su Repubblica, tutti scarti che finiscono dritti in discarica. L’idea rivoluzionaria di Zsofia Koller si propone di raccogliere quello che finora finiva nella spazzatura indifferenziata, ossia i capelli umani, per creare dei tessuti.

“Trash is just raw material in the wrong place” (la spazzatura è solo materia prima nel posto sbagliato), proprio come recita l’etichetta di uno dei primi prototipi realizzati da Koller per il suo brand che ha chiamato Human Material Loop. Il primo modello del maglione ecosostenibile si chiama Dutch Blonde, ed è composto al 100% da capelli umani riciclati.

Il filato, attualmente prodotto da un’azienda italiana, è “un materiale a km0, biodegradabile, cruelty-free che può cambiare il modo in cui ogni individuo contribuisce a un futuro più sostenibile. – spiega la designer a Repubblica – L’utilizzo di questa fibra, al posto di quella di derivazione animale, ridurrebbe la domanda di cotone e di fibre sintetiche e offrirebbe diverse soluzioni consapevoli, non solo applicabili alla moda, ma interessanti anche per l’interior design”.

E, se è pur vero che i tessuti naturali sono riciclabili, la lavorazione e la coltivazione del cotone ad esempio utilizza un numero incredibile di sostanze tossiche e chimiche. I capelli di scarto, invece, non necessitano di trattamento particolari, “hanno un rapporto resistenza peso simile all’acciaio, hanno una quantità di cheratina simile alla lana e possono essere stressati e allungati fino al 70% della loro iniziale dimensione senza spezzarsi”, spiega Zsofia.

Come si legge nel sito dell’azienda, l’idea è di creare un sistema locale applicabile poi a livello globale: i capelli tagliati che non possono essere donati per fare parrucche, vengono raccolti facilmente dai parrucchieri della zona e trasformati in filati sostenibili in laboratori locali, annullando praticamente i costi, anche a livello di inquinamento, del trasporto.

D’altronde l’utilizzo dei capelli non è cosa nuova: dalle parrucche, ai pennelli, fino alle tecniche per assorbire i materiali oleosi e inquinanti riversati in mare, come il petrolio, e poi ancora per fertilizzare il terreno o dall’industria farmaceutica e cosmetica per estrarre la cheratina.

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