Il 2 agosto a Monteprato di Nimis in Friuli si celebra la festa degli uomini, un evento che quest’anno ha visto la terza edizione di una competizione particolare, quella delle “mangiatrici di banane”: donne inginocchiate e bendate che devono mangiare banane rette da uomini all’altezza della cintola.

Seppure gli organizzatori abbiano affermato che la “malizia è negli occhi di chi guarda”, occorre avere anche la bocca piena di ipocrisia per negare la natura sessualizzante della competizione.

Dopotutto l’intero evento, che dura due giorni, il 1° e 2 agosto, è un trionfo di doppi sensi di natura sessuale: dalla fiaccolata sexy, all’erezione di mister 2 agosto. Insomma, come scrivono gli organizzatori “Dovete “VENIRE” assolutamente!!!”
Se vi sfugge la fine ironia dietro a queste battute è perché probabilmente avete finito le medie da un po’.

In fondo si tratta di una “festività” inventata negli anni ’70 che trae origine da un gioco di parole legato proprio ai testicoli maschili. La vera “Giornata Mondiale dell’uomo” cade infatti a novembre, e seppure non sia riconosciuta a livello internazionale, attualmente si prefigge lo scopo di tutelate la salute maschile. Niente doppi sensi fallici insomma. Inoltre, tutto ciò è lontano anni luce dall’8 marzo, che non è la festa della donna, come ancora alcune persone si ostinano a chiamarla, bensì la Giornata Internazionale della Donna, che ha origini e finalità ben lontane dalla “gemella” friulana.

La scusa della natura goliardica della festa, però, non è bastata e con un sorprendente ritardo di almeno due anni, quest’anno la competizione è diventata bersaglio di molte critiche, con una petizione online per fermarla, risultata vana.

La reazione social è stata comunque molto dura, con un’indignazione potente che, però, più che rivolgersi verso gli organizzatori dell’evento, se l’è presa con le mangiatrici di banane stesse.
Un commento esplicativo, ma non esaustivo, apparso ieri sulla nostra pagina afferma: “Gli uomini e gli organizzatori INQUALIFICABILI, ma…. Le donne che accettano??? Ma di cosa stiamo parlando?!”

Esemplificativo perché chiarisce bene come la colpa maggiore ricada infatti sulle donne, ree di rendere tale competizione possibile partecipandovi. Non si perdona loro la scelta di farsi sessualizzare, perché in qualche modo investite del ruolo di ambasciatrici di tutte le donne. La scelta della singola diventa la “vergogna” di tutte, un reato a quanto pare ben più grave dell’istituzionalizzazione pubblica di tale sessualizzazione, attuata da chi ha organizzato l’evento.
Insomma, gira che ti rigira, le donne si trovano di nuovo a essere responsabili e colpevoli degli stessi torti che subiscono.

Lo sono quando sono l’oggetto dello spettacolo, come in questo caso, e lo sono anche quando sono spettatrici (non sono mancati parallelismi con i fantomatici spogliarelli dell’8 marzo).
Gli uomini, invece, se la cavano sempre, intoccabili dietro la corazza del “son fatti così”.

Continuare a far ricadere la colpa sulle donne è però l’espressione massima del maschilismo, che per sua natura affida ai due generi ruoli ben distinti, delegando quello della responsabilità morale solo alle donne. Una donna non agisce mai solo per sé, deve farsi carico non solo delle avversità maschili, ma anche delle aspettative femminili. Da qui tutta la retorica che impone loro di “comportarsi da signorine”, di stare attente a dove vanno, a quanto bevono, a come si vestono…

La simbologia della competizione, inoltre, si scontra con l’enorme tabù che abbiamo nei confronti del sesso, soprattutto femminile, che ci porta a mal sopportare o non concepire che una donna scelga in libertà di avere un’attività sessuale “promiscua”.

Il vero problema, quindi, non è la gara di mangiatrici di banane, e non lo sono le donne che liberamente scelgono di inginocchiarsi e divertirsi in quel modo. Ed è facile capirlo: ci indigneremmo in egual modo per una gara di “mangiatori di patate”? Probabilmente no, in questo caso l’interpretazione goliardica andrebbe per la maggiore.

Il problema risiede in realtà nell’evento nel suo complesso, ovvero un trionfo di mascolinità tossica ed eteronormata che viene eretta a unico modello a rappresentanza dell’uomo. Bisognerebbe indignarsi per questa raffigurazione becera e infantile che si dà della figura maschile, dipinta come una belva sessuomane e oggettificante della donna, quando viviamo in una società che proprio per colpa di questa interpretazione ha dato origine a un sistema patriarcale che fa ricadere su donne e uomini un’infinità di violenze.

Invece che prendersela ancora una volta con le donne, libere di simulare tutte le fellatio che vogliono, se consensuali, bisognerebbe indignarsi per la volgare ignoranza (nella migliore delle ipotesi) o la colpevole noncuranza (nella peggiore) di chi si rende cieco di fronte alle violenze di genere decidendo di tenere una mano sugli occhi e una sulla banana in erezione. Edibile o meno che sia.

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  • Uomini che amano le donne