"Mio figlio Marco Sarnataro rapì Emanuela Orlandi su ordine di Enrico De Pedis", l'esclusiva di Repubblica

Stando a quanto si legge in un verbale, risalente al 2008, fu il padre Salvatore Sarnataro a fare il nome del figlio, durante l’interrogatorio con gli investigatori in qualità di testimone.

Ci sarebbe Marco Sarnataro tra i membri del commando che rapì Emanuela Orlandi nel giugno 1983. Stando a quanto si legge in un verbale, reso noto da Repubblica, fu il padre Salvatore Sarnataro a fare il suo nome, durante l’interrogatorio con gli investigatori in qualità di testimone nell’ottobre del 2008.

Nel racconto l’uomo, con diversi precedenti penali alle spalle, spiegò che il figlio agì per ordine di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana. Fu interrogato subito dopo che alcuni amici di Emanuela Orlandi riconobbero tra le immagini e le foto, al vaglio degli inquirenti, l’identità di Marco Sarnataro, che da tempo seguiva con insistenza la giovane.

Tutti questi elementi emergono dal verbale pubblicato in esclusiva da Giuseppe Scarpa su Repubblica, e potrebbero aiutare a far luce su uno dei casi mai risolti e, forse, troppo presto archiviati. Nel racconto dell’uomo è contenuta la confessione del figlio Marco Sarnataro, morto nel 2007 a 46 anni:

Dopo aver lungamente riflettuto ho deciso di riferire quanto appreso da mio figlio Marco alcuni anni fa in relazione alla vicenda di Emanuela Orlandi. Poco tempo dopo il sequestro, ricordo che eravamo a Regina Coeli sia io che mio figlio (accusati per spaccio e detenzione di armi, ndr). Quest’ultimo durante l’ora d’aria mi confessò di aver partecipato al sequestro dell’Orlandi: mi disse che per diversi giorni, sia lui che “Ciletto” (Angelo Cassani, ndr) e “Giggetto” (Gianfranco Cerboni, ndr), pedinarono Orlandi per le vie di Roma su ordine di Renato De Pedis, da loro chiamato “il Presidente”. Mio figlio mi disse che dopo averla pedinata per alcuni giorni, ebbero da De Pedis l’ordine di prelevarla.

Nel testo del documento poi si legge la ricostruzione del giorno del rapimento di Orlandi:

Marco mi riferì che l’avevano fatta salire su una Bmw berlina a piazza Risorgimento a una fermata dell’autobus. La ragazza salì sulla macchina senza problemi. Almeno questo mi raccontò Marco. Mio figlio mi disse che erano stati sempre loro a prelevare la ragazzina, non mi specificò se erano tutti e tre. Di certo c’era Marco e uno tra Giggetto e Ciletto, però potevano essere anche tutti e tre perché Marco usò l’espressione l’abbiamo presa. Quindi la condussero al laghetto dell’Eur dove li stava aspettando Sergio, che era l’autista e uomo di fiducia di De Pedis.

Stando al racconto di Marco, sia la ragazza che l’autovettura vennero prese in consegna da Sergio. Venni a sapere poi che mio figlio, per questa cortesia, ebbe in regalo una moto Suzuki 1100. Non mi ricordo se Marco mi disse chi gli avesse dato la moto, se Raffaele Pernasetti, oppure un’altra persona. Io non so davvero perché Marco decise di raccontarmi del suo ruolo nel sequestro dell’Orlandi, io compresi subito che stava passando un periodo di paura.

Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, si è detto parecchio stupito che solo ora ci sia tutta questa attenzione intorno al verbale di Sarnataro: “È una cosa vecchia e abbastanza scontata, dibattuta più volte durante l’inchiesta. Tuttavia, è una cosa positiva perché, secondo me, da quei personaggi può uscire fuori qualcosa. Io da quando hanno archiviato non faccio altro che raccogliere documenti”.

E infine il fratello della giovane rapita sottolinea:

Sono sempre stato convinto che, non la Banda della Magliana, ma De Pedis abbia avuto un ruolo di manovalanza nel sequestro e che si sia avvalso di persone tra quelle citate da Sarnataro. Anche se poi i mandanti sono ben altri. Con l’avvocato stiamo raccogliendo una serie di documenti importanti, e spingendo presso la procura vaticana per condividere con loro le prove che abbiamo adesso a disposizione.

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