Maria Occhipinti, che si sdraiò incinta davanti a un camion, e i "Nonsiparte"

La storia di Maria Occhipinti, una coraggiosa donna siciliana dei quartieri popolari che nel gennaio del 1945 decise di sdraiarsi incinta davanti a un camion che trasportava giovani reclute per opporsi alla costrizione forzata voluta da Badoglio e Bonomi.

La storia di Maria Occhipinti e del movimento “Nonsiparte” è oggi stata dimenticata da molti, ma costituisce un capitolo fondamentale nella complessa trama della seconda guerra mondiale.

Occhipinti emerse come una figura chiave nel movimento anarco-antimilitarista “Non si parte!” di Ragusa, i cui attivisti si opposero strenuamente alla coscrizione forzata per la riorganizzazione dell’esercito italiano, voluta da Badoglio e Bonomi.

Il 4 gennaio del 1945, a Ragusa, la ventitreenne Maria Occhipinti (che a causa della guerra aveva già perso una figlia) compì un gesto straordinario: in un atto di coraggio, si sdraiò sulla strada per ostacolare il trasporto delle giovani reclute rastrellate dai carabinieri, nonostante fosse al quinto mese di gravidanza. Questo gesto fu il catalizzatore di una rivolta che durò quattro giorni. L’esercito italiano intervenne sparando sulla folla, causando la morte di un giovane e di un sagrestano.

L’insurrezione fu infine soffocata dall’esercito e morirono circa 40 civili. Maria venne arrestata, insieme ad altre persone (se ne calcolarono all’incirca 300), e processata con l’accusa di istigazione alla sommossa. Fu l’unica donna condannata: inizialmente confinata a Ustica, dove diede alla luce suo figlio, fu successivamente trasferita a Palermo, nel carcere gestito dalle suore benedettine. Qui restò due anni.

La rivolta del “Non si parte” si diffuse a macchia d’olio anche a Comiso, Modica e Vittoria, sottolineando la resistenza e la determinazione di coloro che si opponevano alle politiche coercitive dell’epoca.

Dopo essere stata liberata, Maria intraprese lunghi viaggi non solo in Europa ma in tutto il mondo, divulgando il più possibile la sua storia. Nel 1957 scrisse la sua autobiografia, intitolata Una donna da Ragusa, la quale le valse il Premio Brancati nel 1976. Dopo aver visitato vari Paesi tra cui il Marocco, il Canada, la Francia egli Stati Uniti, decise di mettere le radici a Roma nel 1973.

Nella città eterna continuò a scrivere, denunciando apertamente lo sfruttamento dei lavoratori domestici da parte dei loro datori di lavoro borghesi. Collaborò attivamente con gli ambienti anarchici romani, continuando la sua lotta per la giustizia sociale e i diritti delle fasce più vulnerabili della società.

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