Cassazione, masturbarsi in treno non è reato: "Basta che non ci siano minori"

La sentenza choc riguarda il caso di un uomo accusato, nel 2019, di atti osceni in luogo pubblico. Il fatto non è punibile secondo la legge perché un vagone ferroviario è luogo abitualmente frequentato da adulti.

Masturbarsi in treno non è un reato. Basta che non ci siano minori nei paraggi. A stabilirlo con una singolare sentenza la Corte di Cassazione, che si è pronunciata sul caso di un uomo accusato di atti osceni in luogo pubblico.

La vicenda risale al giugno del 2019, quando la passeggera di un treno segnalò agli agenti della Polizia Ferroviaria che un uomo si stava masturbando davanti a lei. Il Fatto Quotidiano ha riportato che l’uomo venne arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e di atti osceni, compiuti “con il chiaro intento di molestare la donna“.

Tuttavia, l’accusa di atti osceni è decaduta davanti alla corte del tribunale chiamato a giudicare l’uomo, il quale è stato perseguito solamente per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo per cui non è stato condannato anche per la prima accusa è che, per il giudice, non c’era “il pericolo che i minori assistessero alla condotta“.

Il caso è dunque finito in Cassazione, dove il procuratore ha presentato un ricorso, (che però è stato respinto). La Corte, infatti, ha sottolineato che “per ‘luogo abitualmente frequentato da minori’ non si intende un sito semplicemente aperto o esposto al pubblico dove si possa trovare un minore, bensì un luogo nel quale, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico“, come riporta Il Giornale.

Con riferimento allo specifico caso oggetto di attenzione, inoltre, i giudici della corte di Cassazione hanno ribadito che “l’interno di un vagone ferroviario in movimento per l’ordinario servizio viaggiatori non può essere ritenuto un luogo abitualmente frequentato da minori“. Pertanto, hanno concluso i giudici, “nel caso di specie, va escluso che il dato luogo in cui il ricorrente ha tenuto la condotta comporti la integrazione del reato in questione“.

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