Mimmo Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi per l'accoglienza dei migranti a Riace

L'ex sindaco di Riace è stato giudicato per truffa, concussione, peculato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. "Non ho parole. Non me l'aspettavo", ha dichiarato dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Locri.

Non ho parole, non me l’aspettavo”. Commenta così Domenico “Mimmo” Lucano la condanna a tredici anni e due mesi di reclusione nel processo Xenia, dove è imputato per le presunte irregolarità nella gestione del sistema d’accoglienza dei migranti. L’ex sindaco di Riace è stato accusato di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Lucano era stato arrestato il 2 settembre 2016 nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza e dal 2 ottobre 2018 era stato sottoposto ai domiciliari. La richiesta era stata emessa dal Gip del Tribunale di Locri e veniva disposto anche il divieto di dimora per Tesfahun Lemlem la sua compagna. Per Lucano il procuratore capo Luigi D’Alessio e il pm Michele Permunian avevano chiesto inizialmente una condanna a sette anni e undici mesi. Ma la decisione dal tribunale di Locri, presieduto dal giudice Fulvio Accurso, è stata perfino più dura.

A Riace comandava Lucano“, aveva affermato il pubblico ministero di Locri nel corso della sua accusa:

“Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato”.

Nel corso dell’inchiesta erano emerse delle irregolarità che l’allora primo cittadino avrebbe commesso. Fra tutte l’organizzazione di matrimoni di convenienza tra cittadini del posto e donne straniere, in modo tale da favorire la permanenza di queste ultime in Italia. Insieme alla sua compagna Lucano avrebbe architettato degli espedienti volti ad aggirare le norme nazionali per ottenere l’ingresso nel nostro Paese. Il Modello Riace crolla così sotto il peso delle accuse della Procura, che aveva ipotizzato l’esistenza di un sistema criminale alla base di quello che ormai era conosciuto come il “paese dell’accoglienza”.

 

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