"Mio padre uccise mia madre quando avevo 13 anni". La rivelazione di Andrea Carnevale
L'ex calciatore ha parlato solo ora del femminicidio che ha coinvolto la sua famiglia, oltre che dei suoi problemi con la giustizia avuti in passato.
L'ex calciatore ha parlato solo ora del femminicidio che ha coinvolto la sua famiglia, oltre che dei suoi problemi con la giustizia avuti in passato.
Pur avendo smesso di giocare da tempo, Andrea Carnevale è rimasto nel mondo del calcio in veste di responsabile scouting dell’Udinese. L’ex calciatore non ha avuto una vita facile (è stato coinvolto in un processo per doping e spaccio di cocaina, da cui è stato assolto), anche se molti non sono a conoscenza del suo passato difficile, che riguarda la sua infanzia.
È lui stesso a parlare del dolore provato quando era poco più di un bambino, in seguito alla morte della mamma, scomparsa quando lui aveva solo 13 anni. È stato infatti suo padre, Gaetano, a uccidere la madre Filomena da cui aveva avuto 7 figli, mentre lavava i panni nel fiume che sfocia nel lago di Fondi. Anni dopo, Gaetano si è suicidato nel manicomio criminale di Aversa. “Mi ricordo di quando, in paese, parlavamo con i carabinieri di quello che succedeva a casa e ci dicevano: ‘Se non vediamo il sangue….’. Cosa potevo, cosa potevamo fare? – ha detto in un’intervista a Repubblica – Poi, quel giorno, il fiume si è colorato di rosso. Ho detto al maresciallo: ‘Ora vedi il sangue che volevi’. Ma non sono morto. Non sono morto. Ho fatto la mia vita”.
In passato Andrea Carnevale è stato sposato con Paola Perego, da cui ha avuto due figli, Giulia nel 1992 e Riccardo nel 1996. Il rapporto con la conduttrice oggi è buono, nonostante non sia stato semplice mettere da parte i i problemi che hanno portato alla fine del loro matrimonio: “Ci siamo sposati a Monte San Biagio il 12 luglio 1990, subito dopo la fine di Italia ’90 – ha raccontato– In questi anni lei ha parlato pubblicamente dei miei tradimenti, della depressione. E tutto questo mi ha danneggiato. Io sono sempre stato zitto, non sono un uomo da gossip. A giugno scorso ho affrontato l’argomento con Giulia e Riccardo, non volevo pensassero che ho abbandonato lei a 4 anni e lui a 4 mesi”.
Ora lui riesce a vedere tutto con maggiore lucidità, non ha paura di ammettere i suoi errori, anche se sottolinea di non essere stato l’unico s sbagliare: “Non sono stato l’unico a sbagliare in quel matrimonio – ha detto ancora – Non voglio che tra qualche anno i miei nipoti leggano che il nonno è stato il più grande pu**aniere d’Italia. Io non ho lasciato, sono stato lasciato. E anche tradito”.
Oggi Carnevale riesce a spiegare meglio cosa sia accaduto in merito al famoso caso doping, in cui era stato coinvolto nel 1990, insieme ad Angelo Peruzzi, a causa dell’assunzione di Lipopil, che si prendeva anche per perdere peso: “È stata colpa mia, Dalla Federazione mi rassicurarono: ‘Prenderai uno o due mesi di squalifica’, anche perché la quantità era irrisoria, zero virgola. Invece mi diedero un anno, una mazzata. Mi perquisirono casa, ci fu il processo penale. Ricordo che il pm disse: ‘Abbiamo trovato nella sua abitazione questo prodotto’. E il giudice: ‘Ah, quelle vitamine le prendo anche io’. Fui assolto”.
Nel 2002 Carnevale si è poi ritrovato a dover affrontare un’altra vicenda spiacevole, che lo ha portato a essere arrestato per spaccio di droga. Essere accusato di qualcosa che non aveva commesso è stato per lui devastante: “Una telefonata che non dovevo fare, un millantatore che mi accusò, la mia solita ingenuità. Ma figuriamoci se mi mettevo a spacciare droga. Un periodo tremendo: un mese ai domiciliari, anni di processi. Volevo liberarmi e dissi al mio avvocato: ‘Perché non patteggiamo?’. ‘No, caro Andrea, non hai fatto niente, devi uscire innocente dal tribunale’. Aveva ragione: fui assolto”.
Riuscire a rialzarsi non è stato semplice, ma ancora adesso lui non può che essere riconoscente all’Udinese che gli ha dato l’opportunità di ottenere il ruolo che ha ancora oggi: “Devo ringraziare la famiglia Pozzo, che in un momento di grande dolore mi ha chiamato e mi ha voluto all’Udinese: la mia salvezza, una gioia che forse non si può comprendere. È stato come rinascere, perché mi ero perso e avevo perso una moglie e i miei due figli” – ha concluso.
Perennemente con la musica in sottofondo e un libro di Flaubert in borsa, amo le grandi città e i temporali. Da bambina volevo diventare una scrittrice di gialli. Collaboro con Roba Da Donne, DireDonna e GravidanzaOnLine.
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