È di oggi 25 luglio 2023 la notizia della sentenza che fa seguito alla denuncia, da parte di una dipendente di un museo di Roma, di molestie sessuali da parte di un suo superiore.

La donna era stata assunta nel gennaio 2019 e aveva raccontato di aver subìto la prima molestia già nell’aprile di quell’anno. Sarebbero infatti tre in totale gli episodi di avance sessuali del dirigente nei confronti della donna, il secondo nel mese di maggio e un terzo più recente, dopo una cena tra colleghi. Palpate, frasi inopportune, leccate e morsi non consensuali sarebbero quindi gli atteggiamenti molesti denunciati dalla ragazza.

La sentenza, però, assolve l’uomo con la seguente giustificazione: “Non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”. Secondo il tribunale presieduto da Maria Bonaventura, la stessa giudice che aveva assolto il bidello nel famoso caso delle molestie su una studentessa, la donna sarebbe “complessata” per via del suo peso, e il dirigente non avrebbe commesso nessun reato.

Gli unici a prendere in seria considerazione le denunce sono stati i vertici del museo, che hanno provveduto a licenziare l’uomo, mentre i colleghi della ragazza, chiamati inizialmente come testimoni dalla vittima, sminuiscono l’accaduto, definendo il dirigente un “giocherellone”, come si legge su Repubblica. L’uomo intanto si difende dichiarando che fosse lei in realtà a essere attratta da lui. Ora la palla passa alla Procura che ha già annunciato che farà appello.

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