Nuclear Family: il racconto (profondo) di una donna cresciuta con due madri

Nella docu-serie di HBO Max, la regista Ry Russo-Young ripercorre la sua infanzia, trascorsa in una famiglia lesbica di prima generazione: dalla causa legale per la sua custodia alle difficoltà nell'affrontare i pregiudizi della gente.

Ci sono due lati di ogni storia“. Comincia così la miniserie di documentari intitolata Nuclear Family, realizzata dalla regista Ry Russo-Young, già conosciuta grazie ai suoi precedenti lavori Nessuno camminaPrima che io cadaAnche il sole è una stella. In questo progetto, rilasciato il 24 settembre 2021 su HBO Max, Young racconta la sua infanzia, quella trascorsa con le sue due mamme lesbiche: Robin Young e Sandy Russo.

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La miniserie descrive in poco meno di tre ore la battaglia legale sostenuta dalle due donne per poter avere la custodia della figlia. Ci troviamo tra la fine degli Anni ’70 e l’inizio degli Anni ’80, quando il concetto di famiglia gay era inconcepibile per la maggior parte delle persone. Robin e Sandy non facevano eccezione ed erano convinte che essere lesbiche equivalesse a non poter avere bambini.

Grazie a un volantino, però, le cose cambiano. Le due donne vengono a conoscenza di un’associazione che si occupa di riproduzione assistita. Aiutate da Tom Steel, un uomo gay che si dice disposto a fare da donatore di sperma, Robin e Sandy riescono ad avere Ry, venuta al mondo nel 1981.

Tom però, dopo qualche tempo, inizia a pretendere di esercitare diritti su Ry, appellandosi al fatto di esserne il padre biologico. Comincia così la lunga battaglia legale, durata quattro anni, raccontata nella docu-serie e che si concluderà con una sentenza storica destinata a cambiare per sempre il modo in cui le famiglie gay erano percepite.

Nella miniserie, oltre al racconto della battaglia legale, anche una riflessione, molto profonda, su cosa significhi essere cresciuta da due mamme. Come la stessa regista racconta, le sue madri non le hanno mai fatto mancare nulla e le hanno voluto sin troppo bene. Eppure “è come se avessi sempre dovuto chiedere il permesso per entrare nel mondo etero”. Ry non si è mai sentita diversa dai suoi coetanei, eppure ha sempre percepito gli occhi del mondo puntati addosso, pronti a giudicarla perché “diversa“, occhi sospettosi, diffidenti, pieni di pregiudizi.

Il messaggio che ne deriva colpisce dritto al cuore: le dinamiche di allora, quelle che raccontano la storia di una famiglia lesbica di prima generazione, delle sue origini nella ‘controcultura fuorilegge’, non sono poi così diverse da quelle di oggi.

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