La pedofilia è una piaga che non tende ad arginarsi, anzi grazie al dark web ha trovato anche rinnovate sorgenti per espandersi: ce lo ricorda la campagna che Telefono Azzurro ha lanciato il occasione della Giornata Nazionale contro la Pedofilia, che si celebra il 5 maggio, dal titolo “Chiamiamo le cose con il loro nome“.

È importantissimo comprendere che l’indifferenza e il silenzio sono i nemici peggiori per abbattere questo orrore, che coinvolge ancora milioni di bambini e bambine in tutto il mondo e, come detto, purtroppo ha trovato nuova linfa in rete, dove spesso è anche più difficile risalire a identità e siti.

I dati registrati da Telefono Azzurro forniscono un quadro davvero inquietante, che necessariamente deve spingerci a porre l’accento, una volta di più, su questa tematica terribile da cui è difficile proteggere i nostri bambini e bambine.

La violenza ai danni del bambino si consuma molto spesso proprio fra quelle mura di casa dove dovrebbe sentirsi al sicuro; esattamente come nel caso della violenza di genere, in questo caso la pandemia di Covid e il lockdown hanno peggiorato notevolmente le cose, tanto che a oggi il 50% degli abusi avviene nell’abitazione del bambino, il 12% in quella di un parente.

Accanto a queste forme di violenza esistono ovviamente gli episodi di pedofilia online, che sono davvero tanti: la sempre maggiore digitalizzazione, l’uso costantemente in crescita di social network, app di messaggistica istantanea, e appunto il dark web – che costituisce più del 90% di Internet, e a cui si può accedere solo tramite software e browser specifici – rappresentano terreno fertile per chi vuole scambiarsi immagini, video o materiali di qualunque genere a carattere pedopornografico. I dati raccolti dal Centro di Ascolto e Consulenza 1.96.96 di Telefono Azzurro parlano di una media di sei casi di abusi sessuali al mese nel 2020, cinque dei quali proprio online.

Solo due giorni fa, il 3 maggio, l’Anticrimine tedesco ha scoperto una rete internazionale di materiale pedopornografico su Darknet, che si chiama Boystown, esistente dal giugno 2019 e con circa 400mila adepti. La piattaforma è stata rintracciata grazie al lavoro in sinergia tra le autorità tedesche con quelle di Olanda, Svezia, Australia, USA e Canada, e la coordinazione dell’Interpol.

In base alle dichiarazione della Procura di Francoforte, sono finiti in manette in quattro: i tre presunti amministratori, tedeschi, e un utente tedesco; i pubblici ministeri hanno dichiarato di aver trovato “immagini dei più gravi abusi sessuali su bambini piccoli”, distribuiti tra foto e video.

La pedofilia non è amore: l’iniziative di Meti

Meti è l’unica realtà italiana composta unicamente da ex bambini abusati, che hanno trovato il coraggio per raccontare le proprie storie; in occasione del 5 maggio questa associazione ha deciso di lanciare uno slogan che è diventato anche un hashtag, “La pedofilia non è amore”.

Una frase che potrebbe sembrare scontata, ma non lo è.

Gran parte degli abusi sui bambini avvengono in famiglia, e con questa iniziativa vogliamo scardinare l’idea che traumi come questi possono essere anche solo associati al concetto di amore – ha spiegato al Corriere Laura Monticelli, presidente dell’associazione Meti, e vittima di un abuso ad appena otto anni, raccontati anche nel libro La bambina che beveva cioccolata –  Di abusi sui più piccoli non se ne parla abbastanza, c’è ancora molta reticenza. Vorremmo far sentire la voce di chi ha vissuto queste esperienze, che raramente viene espressa e difficilmente ascoltata. Ecco perché vi chiediamo di postare questa immagine sui vostri profili social, utilizzando #lapedofilianonèamore, come segno di sostegno e riconoscimento per poter, tutti insieme, abbattere il tabù sulla tematica degli abusi all’infanzia. Crediamo sia giunto il momento di fare sentire questo grido muto.

I pedofili non sono solo uomini

Molto spesso, ma a torto, tendiamo a pensare che i pedofili siano solo uomini, ma, come spiega la dottoressa Eliana Lamberti, autrice di Pedofilia rosa assieme alla dottoressa Loredana Petrone, il rapporto è di uno a tre.

Anche nel caso delle pedofile si può parlare di contesto familiare o extrafamiliare; un caso piuttosto famoso è quello del piccolo Greg Milligan, abusato dalla madre tra i 4 e i 7 anni, oggi portavoce del Network Nazionale contro gli Abusi Sessuali e l’Incesto in Usa.

Spesso le forme di abuso attuate dalle donne in ambito familiare sono molto più subdole, spiega Lamberti, come ad esempio “lavare di continuo il bambino, toccarne in continuazione le parti intime, applicando unguenti e creme. Ci sono donne che sviluppano un’ossessione nella pulizia dei genitali e anche quella, estremizzata, diventa una forma di abuso, di ipercura. Un altro modo è esporre il bambino ad atti sessuali o pornografia. Ci sono stati casi di donne che hanno consumato rapporti sessuali di fronte ai bambini, con gravi ripercussioni psicologiche su di loro”.

Altre figure, esterne alla famiglia, responsabili di atti di pedofilia nei confronti dei bambini possono essere le baby sitter, o le insegnanti, ad esempio; forse qualcuno ricorderà il caso della docente trentenne di Prato condannata dal tribunale a sei anni di reclusione per aver intessuto una relazione con un suo studente di 13, da cui aveva avuto anche un figlio. Questa storia è il perfetto esempio di quello che Lamberti chiama “idealizzazione” della pedofilia femminile.

Da parte di alcune donne c’è proprio l’idea di vivere una storia d’amore vera e propria, una sorta di alienazione dalla realtà perché parliamo di donne trenta-quarantenni con adolescenti.

Ma c’è un’altra forma, la pre-pedofilia, in cui le donne “cedono” i propri figli agli uomini che agiscono attivamente nell’atto pedofilo; il caso più sconcertante degli ultimi anni è quello di Marianna Fabozzi, che permetteva al compagno Raimondo Caputo di violentare il figlio di tre anni. Entrambi oggi sono in carcere per l’omicidio di Fortuna Loffredo, scaraventata dal sesto piano di un palazzo a Caivano per essersi sottratta all’ennesimo stupro; Caputo è stata condannato all’ergastolo, Fabozzi a 10 anni.

Volendo indagare i motivi per cui una donna diventa una pedofila, spiega Lamberti, occorre valutare il contesto psicosociale in cui sono cresciute; probabilmente sono state a loro volta “violentate dal punto di vista fisico, psicologico, emotivo e i segni di quella violenza hanno poi causato una bassa autostima e una scarsa fiducia nelle relazioni. Quando mettono in atto un abuso fanno quello che in psicologia si chiama ‘coazione a ripetere’, cioè rimettono in atto un copione che hanno vissuto e subito perché così, in quel momento, hanno l’impressione di avere il controllo su qualcosa che da bambini non hanno potuto controllare”.

Resta comunque difficile parlare della pedofilia al femminile, soprattutto per via dei retaggi, prettamente di stampo religioso, legati alla sacralità della figura materna.

Nell’idea collettiva la donna è la madre, è la generatrice, è colei che dà la vita, nell’identificarla come abusante c’è una dissonanza cognitiva. Una dissonanza data proprio dal pensiero della donna come elemento positivo, accudente.

La normativa italiana contro la pedofilia

Nonostante tra il 2008 ed il 2016 sia stato avviato il progetto Tatctics, allo scopo di formare personale sanitario e scolastico competente a prevenire e contrastare gli abusi sui minori, in Italia ancora oggi manca un’autorità centralizzata per l’analisi statistica dei dati raccolti. Il V e VI Rapporto ONU sui diritti del fanciullo (periodo di riferimento 2008-2016 ) ha inoltre rivelato che nel nostro Paese “in ragione della struttura originaria dell’Ordinamento giuridico, non esiste una definizione specifica di violenza contro i minori, né un divieto [ costituzionale, ndr ] espresso [ … ]. Su questa scia si pone la raccomandazione dell’Autorità garante di introdurre, nell’Ordinamento italiano, una chiara classificazione delle forme di violenza, in modo da agevolarne il riconoscimento, il monitoraggio e la cura. [ Occorre una definizione autentica ] [ … ] che possa accogliere anche forme indirette, come la c.d. violenza assistita o la patologia della cura, comprensiva di incuria, discuria ed ipercuria”.

Nel rispetto dell’Articolo 34 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia il legislatore italiano ha quindi promulgato la legge 269 del 3 agosto 1998, “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori” ( in GU, 10 agosto 1998, n. 185 ), che ha introdotto gli articoli 600 bis CP, (prostituzione minorile ), 600 ter CP (pornografia minorile ), 600 quater CP (detenzione di materiale pedopornografico ) e 600 quinquies CP (inizative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile).

Le pene per i reati contenuti in questi articoli variano dai tre ai sei anni.

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