Molti genitori amano condividere i momenti più felici o particolari della propria vita sui social, e in questo non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che, spesso, il desiderio di mostrare istanti appartenenti alla propria sfera privata coinvolge anche i figli.

Diverse volte si è discusso sull’opportunità o meno di pubblicare sui social media immagini che ritraggono i bambini, che siano neonati oppure più grandicelli, e la risposta è stata sempre più o meno univoca e la stessa: evitatelo.

Comprendiamo che possa essere piacevole l’idea di comunicare al mondo degli amici virtuali, ad esempio, di aver messo al mondo un bambino, oppure di far conoscere i progressi del proprio piccolo attraverso foto e video, ma quello a cui, così facendo, esponiamo i nostri figli è un pericolo concreto e per nulla da sottovalutare.

A lanciare l’allarme, serio e preoccupante, è il Garante della privacy, Antonello Soro, che nella relazione annuale presentata al Parlamento parla di un grave incremento di quella che è una delle problematiche di maggiore peso quando si parla di minori: la pedopornografia.

Sarebbe infatti stato registrato un aumento terribile, in termini di numeri, delle immagini pedopornografiche diffuse e fatte circolare in rete, in particolar modo nel cosiddetto dark Web (ovvero quella parte di Web solitamente irraggiungibile attraverso una normale connessione internet senza far uso di software particolari perché giacente su reti sovrapposte ad Internet chiamate genericamente “Darknet”): due milioni, nel 2016, quelle censite, addirittura il doppio rispetto all’anno precedente.

Sono davvero numeri drammatici, riportati dal Fatto Quotidiano, che danno la misura di quanto i nostri figli siano esposti concretamente al rischio di diventare veri e propri oggetti sessuali nel Web, di finire nella rete di pedofili capaci di usare le loro immagini per allargare un sordido giro di affari legato proprio all’ambiente del porno minorile.

E la “colpa”, seppur involontaria, dell’aumento vertiginoso di queste cifre sarebbe proprio, prosegue Soro, delle foto pubblicate sui social dai genitori. A sconsigliare la condivisione di immagini di bambini, quindi, non ci sarebbe solo il presunto fattore “insicurezza” delle mamme rimarcato da uno studio condotto da Sarah Schoppe-Sullivan, professoressa di psicologia e scienze umane dell’Università dell’Ohio, ma soprattutto la volontà di ridurre al minimo, se non possibilmente azzerare  del tutto, le opportunità per un potenziale pedofilo di trovare continue risorse in rete, proprio grazie alle foto postate sui vari Facebook, Instagram eccetera da mamme e papà.

Antonello Soro torna perciò a ribadire un concetto di un’importanza estrema per scoraggiare il raccapricciante business della pedopornografia:

Non pubblicate mai le foto dei vostri bambini sui social network. Fonte involontaria dell’aumento della pedopornografia – sottolinea il Garante – sarebbero i social network in cui i genitori postano le immagini dei figli.

Insomma, una volta di più è bene ripetere di evitare totalmente di esporre il proprio bambino sui social, perché, inconsapevolmente, potreste ritrovarvi ad aumentare il traffico circolante sopratutto sul dark Web.
Dato che Internet, naturalmente, è uno dei fronti sui quali si sta maggiormente concentrando l’attività di prevenzione e controllo da parte dell’Autorità garante della privacy, Soro ha voluto parlare positivamente, nella relazione, anche della legge sul cyberbullismo approvata nel maggio scorso dalla Camera, definendo soprattutto

Particolarmente positiva la scelta di coniugare un approccio preventivo e riparatorio, grazie alla promozione dell’educazione digitale e alla specifica procedura di rimozione dei contenuti lesivi presenti in rete.

La legge, infatti, abbassa a 14 anni l’età minima per fare richiesta a siti che gestiscono dati o ai social network di rimuovere un contenuto sgradito, anche se apparentemente non è prefigurata ipotesi di reato; se il sito non provvederà a rimuovere il contenuto entro 48 ore, dovrà farlo il Garante per la protezione dei dati personali entro altre 48 ore. Se il responsabile è una persona che ha dai 14 ai 18 anni, inoltre, non scatterà un processo ma solamente la cosiddetta “procedura di ammonimento” Inoltre la normativa prevede l’istituzione di un Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo.

Il meccanismo delineato – prosegue Soro – evita una preventiva e generalizzata ingerenza da parte dei provider e tuttavia li responsabilizza su segnalazione degli interessati, anche se minori.

Insomma, gli organismi competenti, Parlamento compreso, stanno muovendosi sempre più concretamente per ampliare al massimo la tutela dei minori, sia che siano esposti ad atti di cyberbullismo, che “usati” nel giro della pedopornografia.

A noi genitori resta il compito di proteggerli da fuori lo schermo del PC, limitando al minimo l’esposizione a potenziali ma dannosissimi rischi. E se proprio volete far sapere a tutti che il vostro bambino ha imparato a camminare, scrivetelo in un post, non mostratelo.

 

 

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