Perché le foto dei bambini annegati non sono un fotomontaggio
La fotografia che ritrae i corpi senza vita di 3 bambini in un naufragio sulle coste libiche ha fatto urlare al complotto ma la bufala è il complotto.
La fotografia che ritrae i corpi senza vita di 3 bambini in un naufragio sulle coste libiche ha fatto urlare al complotto ma la bufala è il complotto.
Abbiamo deciso di oscurare i corpi dei bambini in questa foto in forma di rispetto per la loro tragica morte.
Sono sopravvissuti soltanto in 16 su 120 persone a bordo. Tra i pochissimi corpi senza vita recuperati in mare al largo di Tripoli dalla guardia costiera Libica c’erano anche tre bambini, poco più che neonati. Ancora una tragedia dell’immigrazione, un dramma continuo raccontato da queste crude immagini scattate dai reporter sulle spiagge della Libia. “Avremmo potuto salvarli ma il nostro appello è stato ignorato dalla Guardia Costiera Italiana e da quella Libica” denuncia il fondatore della ONG spagnola Proattiva presente nell’area con due navi, la Open Arms e la Astra.
L’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, tre bambini perdono la vita, i soccorritori li portano a riva e vengono fotografati da un fotoreporter. Una foto come molte altre, che racconta il dramma dei migranti che perdono la vita nel viaggio della speranza.
Le foto dei corpi esanimi di tre bambini migranti, recuperati sulle rive di Al-Hmidiya, in Libia, hanno fatto il giro del mondo ma in molti hanno anche creduto a una bufala complottista che si è diffusa su Facebook. Si perché una drammatica e verissima tragedia si trasforma in una fake news attraverso un abile finto “post verità” che diventa virale nei social.
L’arte di stravolgere la realtà attraverso un finto post verità ha toccato il suo punto più alto quando si è voluto far credere che la foto vera fosse un fotomontaggio. Questa fake news infatti consiste nel mettere a confronto due fotografie: quella drammaticamente vera che ha fatto il giro delle testate di tutto il mondo (confermata anche dall’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite) e la presunta attività di studio fotografico per realizzarla.
La fotografia modificata, quella che racconterebbe la finzione dell’originale, sarebbe stata scattata in uno studio fotografico con tanto di attori e bambolotti che inscenano la tragedia. Ma la vera bufala è bufala è proprio la foto in studio: l’uomo che tiene in braccio il bambino – che per i complottisti sarebbe un bambolotto – è stato applicato in maniera grossolana con Photoshop (usato anche male) a uno sfondo rappresentato da uno studio fotografico, con tanto di luci e teli per dare l’idea della professionalità dell’operazione.
Secondo questa fake news, infatti, la fotografia dei corpi dei tre bambini vestiti di rosso non sarebbe altro che un fotomontaggio realizzato dalle associazioni legate a Soros, per influenzare l’opinione pubblica sul tema dei migranti. Il profilo Facebook che ha lanciato la notizia del complotto nella didascalia alla foto sosteneva:
Ecco svelata la messinscena delle ONG di Soros: una vergogna
Ora la foto è scomparsa da profilo ma ormai la bufala si è diffusa a macchia d’olio su Facebook come racconta Repubblica che ha ricostruito l’intera vicenda.
Tra le tesi portate in luce dai complottisti è la contestazione della pelle troppo chiara dei bambini che sembra quasi di cera. La carnagione chiara della pelle dei bambini è dovuta, non al fatto che si tratti di un fotomontaggio, quanto al fenomeno “saponificazione” a seguito del naufragio che si verifica appunto quando un corpo resta a lungo a contatto con l’acqua.
I complottisti hanno sollevato dubbi anche sulla veridicità dei corpi, confermando la loro idea che si trattasse di bambolotti facendo notare una totale rigidità dei corpi e sopratutto del braccio teso di uno dei piccoli. La rigidità cadaverica è invece un tratto comune del corpo morto, conosciuta anche come “rigor mortis”.
“I bimbi affogati? Bambolotti del c…” così ha esordito la scrittrice veronese Alessandra Maggia su Facebook commentando un’articolo sulle foto dei bambini morti. Ma il commento non è passato inosservato alla giornalista Selvaggia Lucarelli, nota per le sue battaglie contro l’hate speech, che ha pubblicato nel suo profilo Facebook gli screenshot della conversazione e ha scritto:
Io mi domando come una che fa la PSICOLOGA, ripeto, la PSICOLOGA, una che ha all’attivo anche un libro sulla tragedia della deportazione degli ebrei di cui va a parlare in tv accanto a una sopravvissuta, a scrivere queste cose. Giuro, a me la gente così fa paura. Qui siamo oltre il bipolarismo 2.0, questo è un imbarbarimento che un giorno finirà sui libri. E più su quelli di psicologia che di storia.
E tu, Alessandra Maggia, fattelo dire: di un lettino, forse, hai bisogno tu.
Ha consumato più divani che palestre inseguendo un telegatto. Da grande diventerà un giornalista, per il momento si diverte a scrivere sulle sue passioni: televisione, spettacoli, lifestyle, tech. Ama tutto ciò che è nazionalPOP...
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