Negli ultimi giorni sul web è dilagato l’avvertimento di tantissimi americani che invitano tutte le persone che mestruano negli USA a cancellare le app del ciclo: la sentenza dopo l’eliminazione della Roe v Wade, infatti, si ripercuote anche sui dati sensibili e la privacy.

Ma perché cancellare le app? Dopo la revoca della Roe v Wade, che garantiva l’aborto, le autorità degli Stati americani anti-abortisti possono usare i dati delle app del ciclo per incriminare le persone che non portano a termine la gravidanza. Come riporta Luce!, le stime rilevano che un terzo delle donne statunitensi fa uso di queste app.

Come spiega Cecilia Sala nell’episodio n.123 del podcast Stories, negli Stati americani repubblicani che sono contro l’aborto ci sono molti modi per controllare le persone che intendono abortire: alcune cliniche spacciate per consultori, infatti, sono in realtà gestiti da anti abortisti che raccolgono i dati per poter incriminare le sospettate. Ci sono anche dei falsi numeri verdi dati alle donne per chiedere informazioni sull’aborto, gestiti da organizzazioni pro-life.

Il modo più efficace che le autorità usano per controllare le persone, però, è il monitoraggio tramite le app del ciclo: essendo l’aborto, in 26 Stati USA, un vero e proprio crimine, i procuratori possono tracciare e raccogliere i dati dalle app per controllare le donne e portarle in tribunale.

Anche se le app più usate come Fem e Flo, ha continuato Sala, assicurano di non condividere i dati degli utenti con terze parti, saranno costrette a farlo se sono le autorità a richiederli. Per dati sensibili si intendono l’indirizzo IP, la mail, i dettagli personali.

Nello specifico, se l’app conta i giorni del ciclo e dice che c’è stato un ritardo ma la persona in questione non è incinta si tratta di una prova del reato, e che la persona ha potenzialmente abortito e infranto la legge. I magistrati cercano proprio questo tipo di informazioni per poter incriminare le persone.

E non si tratta solo di app del ciclo: le autorità possono tracciare le persone anche tramite le piattaforme come Google, Meta, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon. Risalendo ai dati del server i procuratori possono controllare la cronologia degli utenti e i loro spostamenti geolocalizzati, per vedere se hanno avuto transazioni per ottenere pillole abortive o se si sono recate in cliniche per l’aborto.

I procuratori possono indagare su qualsiasi persona che sia stata incinta ma che non ha portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti“, ha detto la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin, come riporta Luce!.

 

 

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