Che problemi abbiamo noi uomini con i cognomi delle donne?

Non chiamare le cose e le persone con il nome giusto permette anche di ignorale più facilmente. Un meccanismo così atavico che anche le donne stesse spesso ne sono schiave. Per questo è sempre più importante seguire l’esempio della De Gregorio e smascherare questo meccanismo.

È dell’altro ieri l’ultimo esempio di come noi uomini tendiamo ad avere una malcelata antipatia per i cognomi delle donne.

Ospite nella puntata del 22 settembre di Di martedì, Alessandro Sallusti si è rivolto alla collega Concita De Gregorio chiamandola solo per nome, a differenza di tutti gli altri uomini presenti. Alla legittima domanda dell’interessata sul perché di questa differenza, Sallusti ha dapprima glissato sul sarcasmo, con dottoressa e professoressa lanciate come accuse di superbia, per poi puntare sulla “maggiore affabilità” (parole del conduttore Floris, che nel tentativo di minimizzare ha aggravato la situazione).

Un caso? La solita esagerazione di femministe isteriche? Che problema c’è in fondo se ti chiamano per nome?

Un problema c’è in realtà, perché se i colleghi uomini li chiami per cognome, mentre le donne no, significa che li consideri in modo diverso e non è difficile capire quale dei due metodi preveda una considerazione più alta.

Sallusti è Sallusti e non Alessandro, perché in tv è lì in quanto professionista e come tale viene trattato. De Gregorio invece no, perché?

Perché è una donna, inutile girarci intorno, e se non bastasse il suo caso possiamo ricordare come Carola Rackete fosse solo Carola, ad esempio.

Perché è un meccanismo di delegittimazione, un po’ come dare del tu invece che il lei. I bambini vengono chiamati per nome, gli animali domestici non hanno cognome… È un modo paternalistico di stabilire all’istante la differenza del grado di potere.

Come e perché avviene questo processo di delegittimazione lo abbiamo spiegato bene in questo articolo:

Con buona pace per Floris, non si tratta quindi di maggior affabilità, perché questa va bene quando il grado di intimità la permette. Essere affabili fuori contesto non è professionale, perciò la giustificazione del conduttore per la “gaffe” di Sallusti in realtà rimbalza contro De Gregorio.

Ancora una volta ricade sulla donna la colpa di uno sbaglio maschile.

E non c’è nemmeno bisogno di citare la barbara tradizione di far confluire il cognome delle mogli in quello dei mariti per capire che sì: noi uomini abbiamo un problema quando si tratta di chiamare le donne nel modo corretto.

Pestiamo i piedi quando dobbiamo declinare i titoli come ministra o architetta, per non parlare della fatica che si fa a uscire dal maschile generalista, per cui basta un solo uomo in mezzo a decine di donne per trasformare il tutte in tutti.

In fondo, non chiamare le cose e le persone con il nome giusto permette anche di ignorale più facilmente. Un meccanismo così atavico che anche le donne stesse spesso ne sono schiave. Per questo è sempre più importante seguire l’esempio di De Gregorio e smascherarlo questo meccanismo.
Anche a rischio di risultare poco affabili.

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