Ecco perché i fumetti dei Puffi sono sessisti

Realizzati dall'artista belga Pierre Culliford, in arte Peyo, furono pubblicati il 23 ottobre del 1958 e arrivarono in Italia nel '63. Il personaggio di Puffetta, però, ha scatenato molte polemiche: unica donna in un villaggio di uomini, era l’incarnazione del pensiero maschilista.

Tutti li ricordiamo grazie ai cartoni e ai film d’animazione che li vedono protagonisti, ma in molti non sanno che, I puffi, in realtà, nascono dalla matita di Peyo, pseudonimo di Pierre Culliford, fumettista belga che disegnò i primi esserini blu nel 1958. Il 23 ottobre di quell’anno gli Schtroumpfs – come sono chiamati nella lingua belga – esordirono come personaggi secondari nella serie a fumetti John e Solfamì. L’enorme successo, però, portò con sé anche qualche critica, non ultima l’accusa di sessismo, lanciata della sociologa Marina D’Amico che aveva analizzato in uno studio il personaggio di Puffetta.

È proprio la piccola puffa bionda, definita dai suoi tacchi alti e dal carattere un po’ svampito, la causa delle accuse di sessismo. Soprattutto nei fumetti, dove la sua storia è raccontata in una specie di spin-off, un episodio a parte che ne svela le origini. Puffetta, infatti, non è un puffo come tutti gli altri, ma uno modellato dall’argilla dal malvagio mago Gargamella, che l’ha creata per attirare gli altri puffi fuori dal magico villaggio e utilizzarli per i suoi incantesimi.

L’idea che solo il personaggio di Puffetta – l’unica donna del gruppo – sia stata creata a parte, con scopi malvagi per giunta, ha alimentato le critiche. Soprattutto perché Puffetta finisce per portare scompiglio nella società totalmente maschile raccontata sia nei fumetti che nel cartone.

Altro motivo d’accusa è il fatto che Grande Puffo, per rendere Puffetta più accattivante agli occhi degli altri, la modifichi con la magia, rendendola più bella e seducente. Una maschera, quella dell’aspetto fisico, che definisce Puffetta a 360° e che rimanda all’ideale, prettamente maschilista, della donna-oggetto.

I fumetti e i cartoni sui celebri esserini blu riscossero comunque un grande successo. In Italia arrivarono nel 1963 all’interno della rivista Tipitì, e l’anno successivo approdarono a Il Corriere dei piccoli, che decise di iniziare a pubblicare le loro storie dando ai protagonisti il nome di Puffi, ispirandosi alla parola buffo.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!