La rabbia e lo shock, il dolore e l’incredulità di dover raccontare l’ennesima tragedia evitabile, di quella giovane vita spezzata e di un’altra che, in ospedale, sta lottando disperatamente per sopravvivere.

Sono tanti e contrastanti, i sentimenti il giorno dopo la tragedia di Condove, in cui ha perso la vita Elisa Ferrero, appena 27 anni, inseguita e travolta mentre viaggiava in moto con il fidanzato, Matteo Penna, adesso ricoverato in prognosi riservata nella rianimazione del Cto di Torino, intubato, in coma farmacologico, con un trauma toracico e cranico.

Incredibile la fatalità del loro destino, il loro essersi trovati, forse, nel posto sbagliato al momento sbagliato, la loro unica “colpa” quella di aver avuto un banalissimo diverbio con l’autista di un minivan, probabilmente per una mancata precedenza.

Una discussione per futilissimi motivi, di quelle che accadono praticamente ogni giorno nel traffico cittadino, tra automobilisti sbadati e furbetti della strada, ma tanto è bastato per scatenare la furia di Maurizio De Giulio, un cinquantenne che ha scientemente inseguito la coppia, a bordo della loro Ktm, fino a speronarla e a travolgerla, non lasciando scampo a Elisa, morta sul colpo.

E allora la domanda, il giorno dopo la terribile tragedia, è solo una: è davvero possibile perdere la vita non per un incidente, ma per un litigio al volante? Tutto questo è davvero sufficiente per scatenare una rabbia simile, per portare un uomo a desiderare di uccidere due giovani che hanno avuto solo il torto di aver magari fatto notare in modo troppo colorito un’infrazione al codice della strada? La risposta, naturalmente, è no, eppure i dati che raccontano della violenza in seguito a diverbi stradali  sono  allarmanti, e lasciano perplessi.

Violenza costantemente in crescita

Secondo i dati riferiti da Giordano Biserni, presidente della ASAPS, l’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, solo nel 2016 la violenza conseguenza di litigi e discussioni in strada ha provocato in Italia 4 morti e 238 feriti, di cui 37 gravi. Vittime che vanno ad aggiungersi a quelle provocate da incidenti stradali, caratterizzati da un minore grado di volontarietà. Insomma, anche se è incredibile dirlo, non è così assurdo vedere come spesso, dopo un incidente o nella contesa per un parcheggio, si possa passare facilmente alle mani (quando si è fortunati), oppure persino a vere e proprie armi, talvolta, come nel caso di Elisa e Matteo, utilizzando addirittura la stessa automobile. La realtà dei fatti, inoltre, potrebbe essere decisamente molto più grave, dato che i numeri appena citati riguardano solo gli episodi registrati ufficialmente, a seguito dell’intervento di forze dell’ordine.

L’investitore aveva precedenti

Fonte: Facebook Matteo Penna

Nonostante la compagna, a bordo del minivan con lui e con i figli, abbia raccontato alle forze dell’ordine che non aveva intenzione di uccidere, Maurizio De Giulio, l’artigiano che ha travolto i fidanzati Elisa e Matteo, non era nuovo a scatti d’ira, anche al volante. Sette anni fa si era denunciato reciprocamente con l’ex moglie per l’affidamento dei figli e, dopo l’ennesima sfuriata, ubriaco, si era ribaltato contro alcune auto incolonnate e aveva aggredito i vigili intervenuti sull’incidente, minacciando e insultando anche i due carabinieri che lo avevano accolto una volta giunto in ospedale, fino a far scattare l’arresto. Nel 2015 ha aggredito una signora colpevole di non aver rispettato una precedenza, e, nella zona del Nichelino, nel torinese, avrebbe abbattuto un semaforo nottetempo, anche se lui ha sempre negato quell’incidente.

Insomma per De Giulio non era la prima volta, ma la violenza al volante può manifestarsi comunque anche in persone dal temperamento solitamente mite, come sottolinea al Corriere la  professoressa Maria Rita Ciceri, direttrice dell’Unità di ricerca in Psicologia del traffico dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano.

Anche le persone più miti, quando sono al volante, specialmente in situazioni di traffico congestionato, rischiano di diventare colleriche e attuano comportamenti di sfida od offensivi. […] L’auto fornisce al guidatore l’idea di essere all’interno di una corazza che lo protegge al punto tale da “affrontare” il prossimo con meno timore: così, compie azioni che fuori dall’abitacolo non farebbe mai.

Eppure, questo non sembra essere il caso di De Giulio, che ha coscientemente deciso di inseguire la moto di Elisa e Matteo e, proprio per questo, sono in tanti, tantissimi, a chiedere a gran voce che l’artigiano venga processato per omicidio volontario, e non per omicidio stradale.

Tanto più che, probabilmente, lo dicevamo poc’anzi, la sola colpa dei due fidanzati è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, e di diventare, perciò, il facile bersaglio su cui il loro aggressore ha scaricato frustrazioni, rabbia, repressioni. Lo sostiene anche Selvaggia Lucarelli, in un post Facebook pubblicato poche ore dopo la notizia dell’incidente.

Lo sai che quel tizio con la bava alla bocca ti sta facendo pagare qualcosa che arriva da lontano. Che non sei tu, né una precedenza, né una freccia, né un incrocio, né un sorpasso. Sai che tu sei il parafulmine, che stai pagando la sua frustrazione, il suo stress, la sua incapacità di tirar fuori le palle altrove che trova sfogo sulla prima statale con uno sconosciuto o i suoi banali problemi di gestione della rabbia.

Mi è capitato troppe volte per stupirmi. È capitato alle mie amiche, perfino in motorino. È capitato a mie lettrici che ogni tanto mi scrivono e mi raccontano episodi così, di un pazzo che a un semaforo ha iniziato a insultarle ritenendole colpevoli di chissà quali reati alla guida. (ho pubblicato una lettera di questo tenore pochi giorni fa, su Il fatto). Io ogni tanto ci litigo con questa gente. Abbasso il finestrino e chiedo “Che problemi hai?”. 
Ma sbaglio. Perché si infuriano ancora di più. Perché non sei tu il problema. Tu sei il loro sfiatatoio, in quel momento. Perché sono sonore teste di cazzo e non c’è nulla da fare. 
C’è solo da sperare di non capitare all’incrocio sbagliato, come Elisa e Matteo. Ma è un incrocio che non è così distante dall’isolato di casa nostra, e noi lo sappiamo.

Ci hanno portato via tutto

Fonte: Facebook Matteo Penna

Il giorno dopo, cronaca dell’incidente e ricostruzioni a parte, rimane però, lo abbiamo detto, quel miscuglio amaro di sentimenti, di emozioni contrastanti fra loro, divise fra lo sbigottimento per l’assurdità di questa tragedia e l’ira per chi ha spezzato la vita di Elisa e messo in pericolo quella di Matteo. Ci sono, soprattutto, i familiari delle vittime, raccolti nel loro dolore indicibile eppure ancora capaci di parlare, come nel caso del papà di Matteo, distrutto ma abbastanza forte da voler dire poche parole.

Ci hanno portato via tutto, alla mia famiglia e a quella di Elisa che per noi era un raggio di sole – dice fuori dall’ospedale dove attende notizie del figlio – Quello che è accaduto non deve essere dimenticato.

Aggiunge qualcosa la cugina di Matteo, Silvia:

Certe persone anche quando gli togli la patente guidano lo stesso. Mi piacerebbe aver fiducia nella giustizia ma mancano le risorse perché le cose vadano sempre come dovrebbero. In questo caso spero che sarà applicato il pugno duro anche se niente e nessuno ci restituirà quella povera ragazza.

E a proposito del cugino, che ha visto per qualche minuto al Cto:

Un ragazzo pieno di vita, grande appassionato di moto, uno spirito libero che fa cosa gli piace. Non mi stupirebbe rivederlo in moto, quando si riprenderà, perché so che sarà così. Lui è fatto così. Con numerose passioni: la montagna, il nuoto. A tre anni aveva già gli sci ai piedi. È un ragazzo vitale, che fa ciò che gli piace, nonostante l’incidente del fratello non ha rinunciato alla passione per le due ruote.

Già, perché il destino crudele della famiglia Penna non si è fermato solo a Matteo; dodici anni fa anche il fratello, Giulio, è stato reso gravemente disabile da un incidente in moto, dopo essere stato investito da un furgone.

Una storia di dolore e di sfortuna che sembra tormentare Matteo, che adesso dovrà trovare tutte le forze, il coraggio, e la volontà per riprendersi, e tornare in sella alla sua due ruote amatissima. Lo deve fare per il fratello, per i genitori, ma soprattutto per la sua bellissima Elisa, vittima di una furia senza senso e senza spiegazione.

 

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