Il Rendiconto di Genere INPS sul lavoro femminile in Italia ci dice che siamo messi ancora male

Donne con meno contratti a tempo indeterminato, più part time involontario, stipendi più bassi. Il quadro emerso nel Rendiconto di Genere presentato dall'INPS definisce un quadro poco confortante per il lavoro femminile in Italia.

I dati emersi nel recente Rendiconto di Genere, pubblicato da INPS lo scorso 25 febbraio, profilano uno scenario ancora drammatico, sotto molti punti di vista, per ciò che riguarda l’occupazione femminile nel nostro Paese.

Il Rendiconto, presentato a Roma dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, si occupa non solo della presenza delle donne nel mercato del lavoro, ma anche dei loro percorsi di istruzione, dei livelli retributivi e pensionistici,  e degli strumenti di sostegno al lavoro di cura e alla violenza di genere.

Nel 2023, il tasso di occupazione femminile in Italia era al 52,5%, rispetto al 70,4% degli uomini, con un divario di genere pari al 17,9 punti percentuali. Le assunzioni femminili hanno rappresentato solo il 42,3% del totale.

Il divario si percepisce anche nell’instabilità occupazionale, con solo il 18% delle donne assunte a tempo indeterminato, contro il 22,6% degli uomini; il part time è un altro aspetto che riguarda soprattutto le donne, con ben il 64,4% di lavoratrici che ha un contratto a tempo parziale. Idem dicasi per il part time involontario, attestato al 15,6% contro il 5,1% dei lavoratori.

Gender pay gap ancora alto

Le donne percepiscono ancora stipendi inferiori rispetto agli uomini, di oltre venti punti percentuali; nel dettaglio, la differenza è del 20% nel settore manifatturiero, del 23,7% nel commercio, del 16,3% nei servizi di ristorazione e alloggio, del 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e di servizi alle imprese.

Problemi anche nel rompere il glass ceiling: solo il 21,1% dei dirigenti è donna, e in generale i quadri, tra il genere femminile, sono solo il 32,4%.

Appena il 21,1% dei dirigenti è donna, mentre tra i quadri il genere femminile rappresenta solo il 32,4%.

Istruzione e lavoro di cura: più donne rispetto agli uomini

Le donne, nel 2023, hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) che tra i laureati (59,9%), eppure questa superiorità, a livello di istruzione, non si traduce in un’altrettanto importante presenza femminile nel mondo del lavoro.

Anche il lavoro di cura spetta per la maggior parte alle donne: nel 2023 le donne hanno usato complessivamente 14,4 milioni di giornate di congedo parentale, contro gli appena 2,1 milioni degli uomini. L’offerta degli asili nido è considerata ancora insufficiente, con solo Umbria, Emilia Romagna e Valle d’Aosta che si avvicinano all’obiettivo dei 45 posto nido per 100 bambini nella fascia d’età 0-2 anni.

Pensioni: donne numericamente superiori, ma gli importi sono inferiori

Anche se le donne sono numericamente superiori tra i beneficiari di pensione (7,9 milioni contro i 7,3 maschili) gli importi erogati presentano ancora differenze significative.

Nel lavoro dipendente privati gli importi medi per pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità sono, rispettivamente, del 25,5 e del 32% inferiori rispetto a quelli maschili; nelle pensioni di vecchiaia il divario arriva al 44,1%.

Infine il Reddito di Libertà, erogato dall’INPS alle donne vittime di violenza in ambito familiare, nel 2021 ha coinvolto 2418 donne, ma negli anni successivi la mancanza di risorse ha permesso di confermare i trattamenti solo in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia (circa 233 in tutto nel 2023), grazie alle risorse regionali.

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