Un cuore che batte”, si chiama così la petizione di una associazione anti abortista che il VI municipio di Roma, l’unico a guida centrodestra, ha pubblicato sui suoi canali social per far sì che ascoltare il battito del feto sia obbligatorio per chi vuole abortire.

Nel post sulla sua pagina Facebook il Municpio Roma VI Delle Torri comunica ai cittadini che è in corso la raccolta firma per “Un cuore che batte” con tanto di orari per andare a firmare presso la sede istituzionale in viale Duilio Cambellotti.

La petizione diffusa dal VI municipio di Roma propone di introdurre nella legge 194, che regola l’aborto volontario, la comma secondo cui il medico che effettua la visita prima dell’interruzione di gravidanza volontaria sia “obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”.

Il link all’interno del post del VI municipio di Roma rimanda poi a una locandina, realizzata dall’associazione anti abortista che ha ideato la petizione, “Ora et labora in difesa della vita”, che mostra una donna durante una vista medica prima di abortire, con tanto di scritta “Con la tua firma potrai salvare tanti bambini”.

Il fatto che una raccolta firme di iniziativa popolare creata da un’associazione antiabortista venga sponsorizzata sulle pagine social ufficiali di un sito istituzionale ha contrariato molti, che nei commenti sotto al post del VI municipio di Roma hanno espresso il loro sconcerto. “Ma siete impazziti? Ci sono decine e decine di proposte di iniziativa popolare, raccolte firme, petizioni… e non sono mai state pubblicizzate da un sito istituzionale!”, ha risposto un utente, “Ma è uno scherzo?”, si è chiesta un’altra.

La legge 194 tutela le persone affinché non si sentano costrette ad abortire per mancanza o scarsità di reddito, per esempio, ma niente nell’articolo di legge contempla una prassi per spingere la donna a non abortire facendo leva sui suoi sensi di colpa, come vorrebbe fare sì che accada questa petizione.

Con una proposta come “Un cuore che batte” si tenta, ancora una volta, di attaccare la libera scelta delle donne e il loro diritto a scegliere cosa fare con il proprio corpo.

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