Sono quattro le vittime dell’attacco terroristico alla sede di “Save the Children” a Jalalabad, in Afghanistan, ad opera di un gruppo affiliato all’Isis che ha voluto colpire una delle Ong più attive in quei territori, forse – come spiega Valerio Neri, direttore generale dell’organizzazione di “Save The Children”, in un’intervista a Vita.it – perché in questi anni hanno cercato di garantire l’istruzione alle bambine. “È un programma di educazione, ma in questi contesti non si tratta solo di insegnare ai bambini a leggere e scrivere. Intorno alle attività scolastiche vengono impostate delle iniziative di assistenza sanitaria e di sostegno all’alimentazione che coinvolgono anche le famiglie, si tratta di un’attività che va molto oltre l’accesso all’istruzione ha dichiarato.

Ma quello che potrebbe aver dato fastidio è stata la loro volontà di apportare un vero e proprio cambiamento culturale in quella parte di Afghanistan:

“In particolare poi, ci concentriamo sull’educazione delle bambine. Portiamo avanti un lavoro con la comunità locale per ottenere che anche le figlie femmine vengano mandate a scuola, in un contesto in cui la questione di genere è ancora totalmente aperta, in cui ai maschi e alle femmine non viene permesso di stare negli stessi luoghi. Questo è uno dei motivi per cui siamo diventati un bersaglio. I fondamentalisti non vogliono che alle bambine sia permesso di studiare, vogliono che le donne restino nell’ignoranza più totale. Non è un caso che nello stesso palazzo in cui ci trovavamo noi, ci fosse anche un ufficio governativo che si occupava di emancipazione femminile”.

Come confermato da Valerio Neri di “Save the Children”, “non sarà semplice riprendere i lavori in questa zona del Paese” poiché significherebbe “esporre il personale ad altri attacchi”. A perdere la vita in quest’ultimo brutale attacco in Afghanistan sono stati tutti operatori afghani rimasti nelle mani dei terroristi per dieci ore.

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