Da aprile 2024 lo smart working tornerà a essere impostato con le regole prima del Covid-19, e nel settore privato dovrà essere trovato direttamente un accordo con l’azienda.

Le deroghe che facilitavano lo smart working, causa Covid, sono scadute il 31 marzo 2024. Le ultime rimaste in vigore erano le deroghe per i soggetti considerati fragili e per i genitori di ragazzi under 14. Da questo mese, dunque, non ci saranno più deroghe e queste categorie non potranno chiedere il lavoro da casa attraverso la procedura semplificata.

Come si può chiedere, allora, lo smart working da ora in poi? Nel caso in cui si lavori nel settore privato, per tutte le categorie di lavoratori, bisognerà trovare un accordo individuale con l’azienda, che può essere precedente o nuovo. L’accordo deve essere scritto e deve indicare la prestazione lavorativa, specificando gli strumenti utilizzati dal lavoratore, come il pc. Devono anche essere regolarizzati “i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.

Alcune categorie hanno la priorità per lo smart working: queste sono i genitori con figli fino a 12 anni di età e i lavoratori con disabilità grave accertata. In caso di figli disabili, invece, non ci sono limiti di età. Anche i caregiver e i lavoratori over 65 hanno la priorità per lo smart working.

Nel caso della pubblica amministrazione, invece, lo smart working semplificato per le categorie fragili era già terminato alla fine del 2023 e la possibilità di lavorare da casa per i dipendenti pubblici dipende da accordi individuali come stabilisce la direttiva del Ministero per la Pubblica Amministrazione firmata il 29 dicembre 2023.

Secondo i dati condivisi dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano i dati del lavoro da casa in Italia sono in crescita: oltre il 96% delle grandi imprese offre la possibilità di lavorare da casa ai suoi dipendenti e questo tipo di lavoro è presente anche nel 56% delle PMI.

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