A 17 anni uccide il padre, la madre e il fratellino di 12: la strage di Paderno Dugnano

Ha confessato di aver ucciso il fratellino, la madre e il padre, il diciassettenne di Paderno Dugnano, ora rinchiuso al Beccaria di Milano. Lo ha fatto "senza un motivo" per tentare di liberarsi dal disagio che lo attanagliava. "Mi sentivo un corpo estraneo" ha raccontato alla pm.

Li ha uccisi senza “un vero motivo”, per tentare di liberarsi di quel disagio e quel senso di oppressione che da tempo la facevano da padrone dentro di lui. “Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Ma non è stato così. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”.

È da brividi la confessione del giovane Riccardo Chiarioni, il diciassettenne che, dopo ore di interrogatorio, ha ammesso di aver sterminato la sua famiglia nella notte tra sabato 31 agosto e domenica 1° settembre.

Non un raptus momentaneo, ma il drammatico epilogo di qualcosa che, nella sua mente, stava maturando da tempo: “Non è successo niente di particolare sabato sera – sono le sue parole di fronte alla pm dei minori Sabrina Ditaranto – Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo. Non so davvero come spiegarlo. Mi sento solo anche in mezzo agli altri. Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse”.

Un  malessere tipicamente adolescenziale, il senso di isolamento, la paura di non essere capiti che, tuttavia, in Riccardo Chiarioni ha preso il sopravvento assumendo forme terribili. Così, nella notte, dopo aver festeggiato il compleanno del padre, il diciassettenne, che avrebbe dovuto cominciare a breve la quinta liceo Scientifico, si è scagliato prima sul fratellino dodicenne, Lorenzo, poi sulla madre, Daniela Albano, accorsa nella camera dei ragazzi dopo aver sentito dei rumori, e infine sul padre cinquantunenne Fabio Chiarioni.

Una strage che ha sconvolto tutta Paderno Dugnano, nella zona nord di Milano, soprattutto perché, come spesso capita nei casi di cronaca, la famiglia veniva descritta come “esemplare”.

“Abbiamo fatto insieme le elementari, un ragazzo normalissimo”, dicono le testimonianze raccolte in paese; “Andava a scuola con mia figlia, elementari e medie, abbiamo fatto vacanze e passato bei giorni insieme in passato, era una famiglia fantastica, felice”, “Era un ragazzo tranquillissimo, sveglio, a posto. L’ultima persona che ti aspetti possa fare una cosa del genere”.

Eppure, nella testa di quell’adolescente così comune, che la madre chiamava “il mio Einstein” per la sua passione per la matematica, da tempo qualcosa si era rotto. È stato proprio lui, subito dopo il triplice omicidio, a chiamare i carabinieri, spiegando in un primo momento di aver ucciso il padre che avrebbe aggredito la madre e il fratello minore; una versione a cui gli inquirenti non hanno creduto, visto che il ragazzo, trovato sporco di sangue e con un coltello insanguinato in mano, non presentava segni di collutazione, e che il suo racconto non ha trovato riscontri.

Una storia che ha inevitabilmente riportato alla mente quanto successe a Novi Ligure il 21 febbraio di 23 anni fa, quando l’allora sedicenne Erika De Nardo, aiutata dal fidanzato Omar Favaro, uccise a coltellate la madre Susy e il fratellino Gianluca, affermando in un primo tempo di essersi salvata da una banda di rapinatori che era entrata in casa ammazzando i suoi familiari.

Ma di precedenti, per quanto riguarda i ragazzi che hanno tolto la vita ai familiari, purtroppo ce ne sono diversi; a partire da Pietro Maso, che nel 1991, con la complicità degli amici Giorgio Carbognin, Paolo Cavazza e Damiano Burato, uccise, a soli 20 anni, i genitori Antonio e Rosa  con un tubo di ferro e una pentola per intascare l’eredità, fino a Ferdinando Carretta, che in diretta a Chi l’ha visto? confessò gli omicidi dei genitori Giuseppe e Marta e del fratello Nicola, nel 1998.

E poi ancorai Doretta Graneris, che nel 1975, appena 18enne, uccise a colpi di pistola la madre, il padre, il fratello di 13 anni e i nonni materni con la complicità del fidanzato Guido Badini; Elia Del Grande, che nel ’98 uccise a colpi di fucile il padre, la madre e il fratello per avere i soldi di famiglia; Luca Ricci, che qualche mese ha ucciso la madre Luisa Marconi e il padre Giuseppe che si rifiutavano di continuare a pagare i suoi debiti; Paola e Silvia Zoni, 26 e 19 anni, che nel 2021 hanno ucciso la madre Laura, soffocandola e seppellendola, arrestate assieme al fidanzato della maggiore, Mirto Milani, 27 anni.

Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni, uccisi nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2017 in una frazione di Codigoro, nel ferrarese, da Manuel Sartori, “assoldato” dal figlio sedicenne.

E poi ancora Benno Neumair, che il 4 gennaio 2021 uccise con un cordino da arrampicata i genitori Peter e Laura Perselli, gettando poi i loro corpi nell’Adige.

Tanti i casi, ben 2110 tra il 2012 e il 1° agosto, secondo i dati Eures, ovvero il 43% del totale degli omicidi nello stesso lasso di tempo. La riprova, ancora una volta, che la stragrande maggioranza degli assassinii avvengano proprio tra le mura domestiche.

“Sempre più spesso – ha raccontato a La Stampa lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro di Milano, commentando il caso di Paderno Dugnano – i fatti di cronaca e il lavoro quotidiano che facciamo anche al centro Minotauro ci restituiscono un quadro di ragazzi che faticano enormemente a esprimere gli aspetti emotivi, i conflitti e i sentimenti più disturbanti relativi al proprio contesto familiare e amicale in qualche cosa che diventi simbolo, parola e condivisione. La relazione viene annullata e si ricorre al gesto disperato”.

Riccardo Chiarioni, assistito dalla legale Chiara Roveda, si trova ora nel Centro di prima accoglienza (CPA) del carcere minorile Beccaria, l’anticamera al carcere dove verrà condotto dopo l’udienza di convalida dell’arresto.

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