*** Aggiornamento del 26 settembre 2024 ***

È salito a cinque il numero delle vittime della strage che l’operaio forestale Roberto Gleboni ha compiuto nelle prime ore della mattina di ieri, a Nuoro: anche il figlio minore, Francesco, è morto nella notte. Il suo cuore si è fermato prima che fossero espletate del tutto le procedure di accertamento di morte cerebrale, la cui notizia si era diffusa già in giornata.

Dichiarata la morte cerebrale anche per il vicino di casa, e proprietario dell’abitazione dove i Gleboni risiedevano, Paolo Sanna, intervenuto dopo aver sentito gli spari che hanno sconvolto via Ichnusa alle sette circa della mattina del 25 settembre. La famiglia dell’uomo ha acconsentito alla donazione degli organi. Resta infine in terapia intensiva la madre ottantatreenne di Gleboni, Maria Esterina Riccardi, colpita dal figlio che, dopo aver ucciso i familiari, ha raggiunto la sua abitazione in via Gonario Pinna, sparandole prima di puntare infine l’arma verso se stesso.

L’unico sopravvissuto alla strage è il figlio quattordicenne, colpito di striscio dall’arma, una calibro 7,65 regolarmente detenuta per uso sportivo, che da alcune fonti sembrerebbe aver dichiarato di aver sentito i genitori litigare, ieri mattina.

Sulle palazzine della strage sono intervenuti gli agenti della Questura e i carabinieri del Comando provinciale di Nuoro, i magistrati Riccardo Belfiori e Sara Piccicuto, oltre al medico legale Roberto Demontis, che ha effettuato un primo esame esterno dei corpi, senza sbilanciarsi in attesa dell’autopsia. Sembra che le vittime siano state colpite tutte alla testa.

Quella dedica di Martina Gleboni al padre che l’ha uccisa

Gleboni ha aperto il fuoco per prime sulla moglie quarantatreenne Giusi Massetti, con cui, stando alle prime ricostruzioni, sarebbe stato sulla via della separazione, e sulla figlia ventiseienne Martina. Proprio la ragazza, due anni fa, aveva dedicato la sua laurea al padre: “A mio padre, l’amore più grande della mia vita”, aveva scritto, menzionando anche la madre, “che ci ha creduto prima che ci credessi io”.

Membro del direttivo territoriale e regionale del sindacato Fai Cisl, il cinquantaduenne era un dipendente di Forestas, il servizio forestale dei parchi della Sardegna, e avrebbe aperto il fuoco con un’arma regolarmente detenuta per uso sportivo. Descritto dai vicini come “persona tranquillissima, molto disponibile”, la Polizia e i Carabinieri stanno ovviamente tentando di ricostruire l’accaduto nei dettagli, scavando a fondo anche nelle ragioni alla base della strage.

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