“Noi sopravvissuti al talidomide siamo molti di più, ma ci hanno nascosto sotto il tappeto”

Negli anni '50 il talidomide era largamente impiegato per contrastare le nausee della gravidanza. Solo dopo anni si scoprirono i devastanti effetti collaterali che il suo utilizzo ebbe sui feti. Oggi i sopravvissuti al farmaco vogliono che le loro storie vengano raccontate correttamente.

Nel novembre 1961, Ann Morris (nome di fantasia per proteggere la sua privacy) si è recata dal suo medico lamentando di avere la nausea, e l’uomo le prescrisse il campione di un nuovo farmaco non ancora commercializzato, spiegandole che avrebbe alleviato i sintomi.

Nove mesi più tardi la donna partorì una bambina, C. Jean Grover, nata con la focomelia, una malformazione per cui gli arti non si sviluppano del tutto, e la PFFD bilaterale (Proximal femoral focal deficiency), che causa deformità all’anca, lasciando una gamba più corta dell’altra. Entrambe le condizioni sono specificamente associate al talidomide, un farmaco usato in Europa negli anni ’50, impiegato in un primo tempo come sedativo e in seguito prescritto anche per raffreddori, mal di testa e nausee.

Circa una decina di anni dopo dal suo primo utilizzo, nel 1961, il talidomide fu collegato a morti infantili e gravi difetti alla nascita in oltre 10 mila bambini di 46 Paesi, e ritirato dal mercato; tuttavia, quando Grover è nata, i medici del Jewish Hospital di Cincinnati non hanno collegato le gravi problematiche fisiche al fatto che a sua madre fosse stato prescritto il talidomide quando era incinta, e hanno suggerito alla donna di darla in affidamento, sottolineando anche come le possibilità di sopravvivere della bambina fossero estremamente basse.

C. Jean Grover venne effettivamente affidata a una famiglia prima di ricongiungersi con i genitori naturali, e in età adulta apprese non solo di essere la quinta bambina nata in quell’anno con la focomelia al Jewish Hospital, ma anche di essere tra i 100 sopravvissuti al talidomide in America di cui parla nel suo libro Wonder Drug Jennifer Vanderbes. Grover ha quindi deciso di raccontare la sua storia a People:

Altri Paesi hanno fornito assistenza ai sopravvissuti – ha asserito – Ma gli Stati Uniti non hanno fatto nulla perché sono stati così ben nascosti sotto il tappeto.

Secondo Vanderbes, il talidomide veniva distribuito negli Stati Uniti con il pretesto di studi clinici; si deve alla farmacologa Frances Oldham Kelsey il ritiro del farmaco dal mercato: assunta dalla FDA nel 1960, come primo caso le viene assegnata proprio l’autorizzazione di un tranquillante a base di talidomide, indicato per il trattamento delle nausee mattutine in donne in gravidanza; una cosa all’apparenza semplice, visto che il farmaco è in commercio in molti Paesi, ma Kelsey rigetta l’approvazione e chiede ulteriori approfondimenti, sospettando effetti tossici a carico del sistema nervoso legati all’assunzione del farmaco ma anche del feto, visto che l’azienda produttrice non ha eseguito test su animali o donne incinte. Nonostante le pressioni esercitate dalla casa farmaceutica, la dottoressa è riuscita a impedire la commercializzazione del farmaco, risparmiando migliaia di potenziali vittime.

Vanderbes, tuttavia, sostiene anche che la FDA abbia ritirato del tutto il farmaco solo nel 1962.

La FDA ha dichiarato categoricamente per decenni che solo 17 americani sono stati danneggiati dalla talidomide – ha spiegato a People, aggiungendo che secondo le sue stime, invece, le vittime del talidomide potrebbero aggirarsi intorno ai 200 – Non hanno mai detto alle donne cosa fosse quando l’hanno preso, e non sono mai tornati sui loro passi spiegando alle donne quanto fosse pericoloso, una volta saputo“.

C. Jean Grover ha avuto una vita piena e assolutamente normale, ha imparato a camminare usando delle protesi mentre non ha avuto bisogno di nulla al braccio; oggi è una designer grafica di successo, madre di quattro figli, ed è indipendente sotto ogni punto di vista: guida lo scooter e l’auto grazie a comandi manuali pensati appositamente per lei. Soprattutto, però, è membro del consiglio di amministrazione di US Thalidomide Survivors, che mira a sensibilizzare e garantire aiuti governativi e assistenza sanitaria ai sopravvissuti negli anni che restano loro da vivere. L’organizzazione – che ha pubblicato il documentario Thalidomide in the USA: The Forgotten Survivors – ha in programma un appuntamento con i membri del Congresso a settembre, proprio per discutere dell’assistenza ai sopravvissuti in tutto il Paese.

Il governo federale ha archiviato questo caso senza mai indagare a fondo sulle compagnie farmaceutiche e su ciò che avevano fatto e su quanto fosse ampia la distribuzione – ha spiegato Grover – L’intero sistema ci ha deluso.

Il talidomide fu commercializzato per la prima volta in Germania negli anni ’50, presentato come il sedativo più sicuro sul mercato e venduto come farmaco da banco, per questo è stato ampiamente utilizzato dalle donne in gravidanza.

A un anno circa dalla sua commercializzazione, tuttavia, si sono cominciate a contare tantissime malformazioni neonatali stimate in migliaia di bambini, senza contare gli aborti spontanei o le morti fetali, dipese dall’insufficiente sperimentazione clinica nei laboratori tedeschi; studi ad hoc hanno in seguito rivelato l’effetto teratogeno del farmaco.

Per questo motivo il talidomide venne ritirato dal mercato nel 1961 prima in Gran Bretagna, poi nel resto dell’Europa; in Italia tale decisione arrivò nel 1962, e la seguente legislazione sulla farmacovigilanza nasce proprio in seguito al cosiddetto “caso talidomide”.

A oggi le cifre stimate da ICTA (International Contergan-Thalidomide Alliance) indicano almeno 20.000 danneggiati. Il 27 maggio del 1968 iniziò il processo contro sette collaboratori della Chemie Grünenthal, la casa farmaceutica che ha prodotto il talidomide, in quello che si è rivelato essere uno dei processi più lunghi della Germania, con una sentenza shock: dei nove responsabili dell’azienda accusati di lesioni personali e omicidio colposo, nessuno viene giudicato colpevole dalla Corte Tedesca, che anzi concede loro addirittura un’immunità per proteggerli da ulteriori procedimenti penali futuri. Alle famiglie devastate dai danni del talidomide spetta un misero risarcimento, mentre l’azienda potrà riprendere tranquillamente la sua produzione di farmaci, diventando uno dei colossi europei del settore.

Solo nel 2012 arrivano le scuse, a distanza di 50 anni dalla tragedia.

Oggi il talidomide è di nuovo impiegato, nella lotta contro malattie come il mieloma multiplo, con indicazioni che variano da Paese a Paese.

 

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!