"All The Things She Said", le t.A.T.u. tornano a cantare insieme a 20 anni dal successo

Nei primi Anni Duemila Lena Katina e Julia Volkova hanno ottenuto un successo planetario grazie alle loro hit musicali. Separate nel 2011 a causa di "gravi divergenze interne al gruppo", il duo si è esibito il 3 settembre 2022 sul palco dell'Ovion Show di Minsk.

Ancora oggi sono l’esportazione musicale russa di maggior successo. Lena Katina e Julia Volkova, meglio note come le t.A.T.u., nei primi Anni Duemila hanno piazzato nelle classifiche internazionali diversi singoli ottenendo un successo planetario, da All The Things She Said a All About Us. Si erano separate nel 2011 a causa di “gravi divergenze interne al gruppo“, ma è successo: il duo dance-pop è tornato a cantare insieme il 3 settembre 2022 sul palco dell’Ovion Show di Minsk, in Bielorussia.

Dopo un’entrata trionfale a bordo di un enorme camion container, accompagnate dal corpo di ballo, le due sono state accolte dal boato dei fan non appena sono partite le note delle loro hit più memorabili. Dal palco si sono esibite per 15 minuti indimenticabili, facendo fare un tuffo nel passato al pubblico, che ha cantato con loro durante tutta l’esibizione (visibile su YouTube a questo link).

Nonostante l’enorme seguito che hanno ancora, a distanza di vent’anni, la storia delle t.A.T.u. è una di quelle abbastanza travagliate, tutt’altro che limpida. Erano diventate delle vere e proprie icone gay, facendosi conoscere come coppia lesbica. In realtà, qualche anno più tardi, era uscita la verità: il loro lesbismo si era rivelato essere soltanto un’operazione di marketing, messa in piedi dal manager del duo ed ex-psicologo, Ivan Šapovalov. All’epoca di All the Things She Said le cantanti avevano quattordici anni e, durante le performance, si baciavano e si accarezzavano vestite da collegiali.

Anni dopo Julia Volkova, peraltro, ha suscitato scalpore proprio per delle dichiarazioni dal sapore omofobo: nel corso di una trasmissione televisiva, infatti, la mora del famoso duo ha affermato “Non vorrei mai un figlio fr**io”, facendo così crollare definitivamente il “mito” della loro vicinanza alla comunità LGBTQ+.

Ciononostante il brano resta tuttora un inno e un simbolo della lotta contro le discriminazioni delle minoranze.

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