Parliamo per favore di tumore metastatico alla mammella: le parole di Sarah Malnerich

La morte di Shannen Doherty impone la questione del trattamento del tumore metastatico alla mammella, su cui c'è uno spaventoso gap informativo da colmare necessariamente per togliere le pazienti dall'invisibilità.

La notizia della morte di Shannen Doherty, a 53 anni, ha posto l’attenzione sul tumore metastatico alla mammella, affrontato in un post dall’autrice Sarah Malnerich, del duo Mammadimerda.

La prima cosa che fa Malnerich è invitare a smettere con la narrazione romanticizzata della malattia, esercitata attraverso l’uso di frasi come “ha perso la sua battaglia con il tumore”.

No, non è vero che non ce l’ha fatta: non dipendeva da lei o da quanto fosse forte o ‘combattesse’ come ho letto – scrive nel post – Aveva una malattia. Dalla prima diagnosi di tumore al seno nel 2015 aveva sviluppato un cancro metastatico, al cervello e alle ossa.

Sarah Malnerich punta poi a sottolineare quanto importante sia la ricerca nella cura di questo tipo di cancro, ricerca che in Italia, purtroppo, è in una fase di stallo per diverse ragioni.

[…] negli ultimi anni si è arrivati ad allungare del doppio (fino a 5-6 anni) l’aspettativa di vita delle donne (e anche in percentuale minore uomini) che ne sono afflitte: solo in Italia ci sono 37 mila persone per le quali il tempo è un fattore fondamentale, è IL fattore. Tempo che può essere ottimizzato e migliorato superando le difficoltà ancora presenti nell’assistenza specifica di cui queste donne hanno bisogno, che necessitano di percorsi dedicati, di un accesso rapido alle terapie innovative.
Le terapie possono prolungare la sopravvivenza, tenere sotto controllo la malattia metastatica, diminuire o ritardare la comparsa dei sintomi, garantendo una qualità della vita buona. […] Ma se le pazienti non esistono, non esistono nemmeno i fondi per la ricerca.

Benché dal 2020 il 13 ottobre, in Italia, sia stata indetta la Giornata nazionale del tumore metastatico alla mammella, grazie a quattro associazioni, Andos Onlus – Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, Europa Donna Italia, Favo – Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia- e IncontraDonna Onlus, le pazienti oncologiche con questo tumore spesso restano nell’ombra, finendo con l’essere letteralmente invisibili.

Questo perché è piuttosto frequente che i registri dei tumori raccolgano i dati relativi alla prima diagnosi del tumore e alla mortalità, senza tenere traccia alcuna delle recidive. Anche la percentuale, resa ormai nota da diverse campagne a tema, dell’87% di sopravvissute a 5 anni dalla diagnosi non tiene conto di alcuni aspetti.

È vero che i progressi diagnostici, terapeutici, la disponibilità di nuovi farmaci antitumorali, hanno implementato la possibilità di sopravvivenza delle pazienti metastatiche, che a oggi sono circa 37 mila, ma ci sono alcune cose su cui è importante fermarsi a riflettere: ad esempio, il fatto che le recidive possano ripresentarsi anche oltre la soglia dei cinque anni, cosa che già nel 2017 era stata sottolineata dall’associazione che tutela le donne malate di tumore al seno Europa Donna che, assieme all’allora ministra della salute Giulia Grillo, al Segretario dell’Associazione Italiana Registri Tumori Lucia Mangone e al Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica Stefania Gori, aveva presentato una petizione.

Nella petizione, riportata anche in questo articolo del 2021 scritto da Ilaria Dondi con il contributo della presidente di Europa Donna Rosanna D’Antona, e certamente da aggiornare alla luce dei dati odierni, si leggeva:

A tale disinformazione contribuiscono anche le campagne informative ufficiali sul cancro al seno che supportano la tesi per cui di cancro al seno si guarisce sempre di più e che la mortalità sia ormai prossima allo zero […] Purtroppo, la nostra esperienza personale di metastatiche, ci fa pensare che non sia così. Inoltre le statistiche di sopravvivenza generalmente divulgate si riferiscono ai primi 5 anni successivi alla diagnosi mentre, nel caso del cancro al seno, le recidive loco-regionali e le metastasi possono ripresentarsi ben al di là di questo arco temporale […] Addirittura si calcola che un IV stadio abbia una sopravvivenza a 5 anni del 22%.

Proprio D’Antona, del resto, nel documento Il tumore al seno metastatico del 2019, aveva parlato approfonditamente del gap informativo sulle malate oncologiche metastatiche, sottolineando proprio la poca informazione sul tumore al seno metastatico. Pochi, infatti, raccontano che il tumore al seno metastatico possa essere trattato e “cronicizzato”, per non parlare della carenza di dati sul livello effettivo di sopravvivenza, e non sulle percentuali a 5 anni di distanza.

Spesso le lacune informative non permettono neppure di distinguere concetti come “curabile” e “guaribile”, che, come evidenziato sul sito di Europa Donna, sono in realtà ben distinti:

 Una malattia curabile può essere trattata con le terapie e tenuta sotto controllo. In alcuni casi i sintomi possono addirittura attenuarsi o scomparire per un certo periodo (remissione), anche se ciò non comporta la completa guarigione poiché le metastasi tendono a ricomparire.
Chi ne è colpita deve perciò osservare frequenti controlli, esami del sangue e/o strumentali ogni circa tre mesi. Inoltre, ogni nuova manifestazione della malattia è una sua evoluzione e comporta una rivalutazione della terapia.
Per la presa in carico della paziente con tumore al seno metastatico è necessario rivolgersi a un Ca Breast Unit, al fine di essere seguite da un team multidisciplinare e in più aumentare le possibilità di accedere ai trattamenti sperimentali. La ricerca scientifica in questo settore sta infatti sviluppando terapie sempre più efficaci, personalizzate e promettenti.

Ancora oggi è complicato stabilire con precisione quante donne sviluppino un tumore al seno metastatico, perché non c’è una raccolta sistematica dei dati. Si stima che nel 2014 – parliamo quindi di dieci anni fa – fossero stati diagnosticati 14 mila casi, fra cui 3/400 erano già metastatici alla prima diagnosi e circa 10.600 progrediti da un tumore in stadio iniziale. Le oltre 37 mila donne che convivono in Italia con un tumore metastatico sono così divise per fasce di età:

Fonte: Europa Donna

Per questi motivi Europa Donna espone una serie di richieste ben precise, che contribuiscano a colmare il vuoto informativo, organizzativo ma anche normativo sulle donne che hanno un tumore metastatico alla mammella.

  1. Nelle Breast Unit – ovvero le strutture specializzate nella diagnosi, nella cura e nella riabilitazione psicofisica delle donne con la neoplasia mammaria al seno – deve essere creato un percorso specifico per le donne che hanno un tumore mammario metastatico, con accesso agevole a visite ed esami e personale medico preparato e aggiornato.
  2. C’è la necessità di un database clinico validato dal Ministero della Salute, che riporti tutti gli studi finora condotti, con la partecipazione degli IRCCS oncologici, costantemente aggiornato.
  3. C’è necessità di facilitare l’accesso a farmaci innovativi e a quelli con estensione di indicazione, non ancora disponibili in Italia, accelerando allo stesso tempo i processi di approvazione da parte di AIFA, per permettere che siano prescrivibili in tempi più rapidi di quanto accade ora.
  4. Nelle Breast Unit è fondamentale la presenza di personale dedicato al benessere psico-fisico delle pazienti, come nutrizionisti, endocrinologi, ginecologi, fisiatri.
  5. Occorre accelerare l’iter di accertamento dell’invalidità civile per le persone con patologie oncologiche al IV stadio, accertandosi che i criteri per l’assegnazione dell’invalidità siano i medesimi in tutto il Paese.
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