Si sottolinea spesso come la prevenzione sia lo strumento migliore per combattere alcune malattie, nonostante la medicina e la ricerca scientifica abbiano fatto passi da gigante. Da alcuni tipi di cancro, infatti, se presi in tempo, è possibile guarire e tornare a fare la vita di prima. Mettere in atto questo pensiero, però, risulta essere tutt’altro che semplice, soprattutto per una patologia come il tumore ai polmoni, che non può essere sottovalutata sin dalla comparsa dei primi sintomi.

È quello che è successo a Maria Lonbardo, una torinese di 77 anni, che ha assoluta necessità di sottoporsi a una visita, non solo perché gli è stato diagnosticato questo problema, ma anche per comprendere come curare al meglio una bronchite cronica ostruttiva, che in alcune occasioni le causa anche difficoltà di respierzione.

È lei stessa a raccontare la sua storia per far sì che si sappia quanto sia impossibile sottoporsi a esami di controllo, nonostante per alcuni siano più che fondamentali, attraverso il sistema sanitario nazionale. “La visita di controllo con un pneumologo? La prima disponibile è a giugno 2024. Speriamo di esserci ancora” – sono le sue parole a La Stampa.

La 77enne combatte con la bronchite cronica ostruttiva ormai da dieci anni, ma non aveva potuto presentarsi alla visita che era prevista a giugno 2022 perché si trovava in ospedale a causa del suo tumore ai polmoni. Procrastinare così a lunga distanza gli appuntamenti non è però certamente accettabile, specialmente perché non tutti hanno modo di rivolgersi al privato: “Non potevo certamente presentarmi dal medico. Mi sono preoccupata di curare ciò che mi sembrava più grave. Al resto, lì per lì, non ci ho pensato. Poi ero in ospedale, ero monitorata. Se avessi i soldi potrei farmi visitare anche domani. Ma come siamo ridotti?”.

C’è chi è disposto anche a fare dei viaggi pur di farsi visitare, ma ovviamente questa non è un’idea percorribile per tutti, cosa che vale anche per Maria: “Per me spostarmi non è una cosa semplice o da poco. Tra il tumore e la fatica a respirare mi stanco molto. Basta nulla e le gambe non mi tengono. Però faccio quello che devo per curarmi”.

Impossibile nascondere però quanto questo la faccia sentire desolata, ben sapendo che non si tratta di una situazione che riguarda solo lei: “Mi sentivo inerme, umiliata e considerata ‘una cosa’, non una persona. Avessi i soldi, potessi pagare, avrei un monitoraggio tempestivo. Le ho tentate tutte. A un certo punto ho anche chiesto alla mia interlocutrice di immaginare che fossi sua madre, una sua parente. Le ho chiesto cosa avrebbe fatto, come avrebbe agito. Non è servito a nulla, non ho scalfito nessuno”.

Pensare che questa sia una situazione isolata è però sbagliato. E nel caso del tumore ai polmoni la situazione è particolarmente grave: si tratta infatti della prima causa di morte per cancro negli uomini e della seconda nelle donne, secondo i dati diffusi dall’Associazione Italiana Registri Tumori. L’auspicio è che questa storia possa fare riflettere e spingere le istituzioni a correre ai ripari.

 

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