Il tumore al seno è ancora oggi la neoplasia più diffusa tra le donne, ma più facilmente curabile rispetto al passato grazie alla diagnosi precoce. Sottoporsi a controlli periodici non può quindi che essere determinante. Quasi un quarto dei casi che vengono diagnosticati (23%) viene però causato da fattori di rischio che possono essere evitabili e legati al comportamento della donna, quali fumo, consumo di alcol, sovrappeso e sedentarietà.

A mettere in evidenza un quadro da non sottovalutare sono i dati esposti in occasione del congresso dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom).

L’11% di questi è in modo particolare da ricondurre  all’uso eccessivo di alcol, pari a 6 mila pazienti in Italia. In una donna, infatti, si registra una ridotta capacità di metabolizzare l’etanolo che stimola anche l’azione degli estrogeni, gli ormoni responsabili della crescita di circa il 70% dei casi di tumore al seno. Questo si verifica perché nell’organismo femminile c’è una minore produzione dell’enzima Alcol-Deidrogenasi (ADH).

Si registra così una maggiore probabilità di sviluppare la malattia se si tende non solo a bere più del dovuto, ma anche se si associano a questo altre abitudini tutt’altro che salutari: il 36,9% delle donne è sedentario, il 26,8% è in sovrappeso e l’11,1% obeso, mentre il 15,3% fuma e l’8,7% consuma alcol in quantità a rischio per la salute.

Sensibilizzare le donne su quali siano gli stili di vita più adeguati non può che essere determinante, come ha sottolineato il presidente Saverio Cinieri, anche dopo la diagnosi. Si può arrivare infatti a ridurre del 37% il rischio di incorrere in una recidiva e del 58% il rischio di mortalità.

Non può che essere indispensabile mettere in evidenza come sottoporsi alla mammografia risulti essere fondamentale, usufruendo anche delle campagne di screening che sono previsti in ogni Regione. Nonostante questo, non tutte sono così attente anche a questo aspetto: “Restano infatti gap importanti e al Nord i tassi raggiungono il 61,7%, al Centro il 48,3%, al Sud solo il 40,5%”  sono le parole di Federica Martorana, ricercatrice al Dipartimento Medicina Clinica Università di Catania

 

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